Gli Antoniani assistevano ben oltre 4000 pazienti, in circa370 ospedali sparsi per l’Europa»82. A partire dal tardo XVII secolo «il fenomeno dell’accorpamento degli ospedali gestiti dai vari ordini e il miglioramento delle condizioni igieniche in Europa(che portarono alla scomparsa delle grandi epidemie che avevano flagellato il vecchio continente nei secoli precedenti), fecervenir meno la stessa ragione d’esistere degli Antoniani.

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Un patrimonio di documenti per la ricomposizione delle scelte architettoniche e dei palinsesti territoriali 71
del Ducato, ed affittati a più particolari, in dritti signorili, e cense enfiteutiche imposte sovra una infinità di fondi che abbracciano pressoché tutti i Villaggi della Provincia»79, i documenti
confluiti con l’acquisizione rappresentano un patrimonio di eccezionale valore (comprese le numerosissime pergamene delle
Carte Augustane) e permettono ancora una volta di ritracciare
uno spaccato di assoluto interesse su amplissime sezioni del territorio del Ducato.
VII – Documenti relativi ai complessi di Sant’Antonio di
Ranverso e di Santa Maria di Staffarda nel contesto delle
acquisizioni da altri ordini
Alcuni beni di particolare prestigio che formano oggi il notissimo
patrimonio mauriziano sono essi stessi il prodotto di un accorpamento forzoso, di decisione papale, volto alla riorganizzazione
delle istituzioni pie e in generale a una minore dispersione delle forme monastiche, le cui regole o funzioni assistenziali erano
venute assottigliandosi. È il caso notissimo del complesso di
Sant’Antonio di Ranverso, in posizione strategica lungo la strada
verso la Valle di Susa e da qui la Francia. Si tratta di un lascito
di molto minore consistenza, rispetto a quello derivante dalla secolarizzazione dei beni posti negli Stati Sardi e già appartenuti
all’Ordine del Gran San Bernardo, ma di prestigio non inferiore.
L’annessione origina dalla soppressione di un antico ordine ospedaliero, quello dei Canonici Regolari di Sant’Antonio di
Vienne o Antoniani, detti anche “cavalieri del sacro fuoco”, dediti alla gestione di ospedali per la cura dell’ergotismo (herpes zoster). Nato come compagine ospedaliera di ispirazione religiosa,
approvata da Urbano II nel 1095 e confermata da Onorio III con
bolla papale nel 1218, veniva eretta nel 1297 da Bonifacio VIII,
con la bolla Ad apostolicae dignitatis in ordine di canonici regolari
sotto la regola di Sant’Agostino; ne deriva l’Ordine ospedaliero dei Canonici regolari di Sant’Agostino di Sant’Antonio abate di Vienne, detto comunemente degli Antoniani Viennois o di
Vienne. Diffusi prevalentemente lungo le vie di pellegrinaggio,
gli ospedali antoniani dipendevano originariamente da abbazie
[Ospizio del Piccolo San Bernardo: veduta esterna], in AOM, Fondo fotografico, scatola 3,
busta 6, [1880- 1910], aristotipo (viraggio blu) su supporto in cartoncino.
72 chiarta devoti
Truc De Rivolle (Rivoli), misuratore, Plan
géométrique […] de la commanderie de S.
Antoine de Ranvers, 1754, in AOM, Mappe e
cabrei, Ranverso, in fase di inventariazione,
inchiostro, acquerello e matita su carta.
un patrimonio di documenti per la ricomposizione delle scelte architettoniche e dei palinsesti territoriali 73
benedettine80, ma con la bolla di Bonifacio VIII acquisivano autonomia di gestione e il Gran Maestro assumeva la carica di abate81
dell’Ordine, a cui faranno riferimento tutte le “commanderie” e i
relativi ospedali. Il capitolo generale tenutosi nel 1298 approva la
nuova Regola, che era conforme ai canoni agostiniani, e assume
il nuovo nome dato dal papa. «Alla fine del XIII secolo l’ordine era presente in buona parte dell’Europa, ma anche a Cipro,
Costantinopoli, Atene e in alcuni presidi orientali; in Italia i primi
ospitales sorsero sulla via francigena, a Roma e presso Napoli.
L’Ordine ebbe sino al 1776, anno della soppressione, una notevolissima espansione territoriale i cui limiti erano a nord la
Svezia, a est l’Ucraina e a sud forse l’Etiopia, con circa mille fondazioni, delle quali un centinaio distribuite in tutta l’Italia; nel XV
secolo gli Antoniani assistevano ben oltre 4000 pazienti, in circa
370 ospedali sparsi per l’Europa»82. A partire dal tardo XVII secolo «il fenomeno dell’accorpamento degli ospedali gestiti dai vari
ordini e il miglioramento delle condizioni igieniche in Europa
(che portarono alla scomparsa delle grandi epidemie che avevano flagellato il vecchio continente nei secoli precedenti), fecero
venir meno la stessa ragione d’esistere degli Antoniani, sempre
più divisi da dispute e conflittualità interne»83. Nel 1774, due anni
prima della soppressione dell’Ordine, venne votato dal Capitolo
Generale degli Antoniani uno strenuo tentativo di salvataggio,
ossia l’unione con l’Ordine di Malta, che si prefiggeva anch’esso, fra i suoi scopi, l’assistenza e la cura dei pellegrini, ma senza
che la deliberazione fosse in grado di risollevarne le sorti. Il 17
dicembre 1776 papa Pio VI con la bolla Rerum humanarum conditio
sanciva definitivamente l’abolizione dell’Ordine Antoniano i cui
beni passavano in gran parte all’Ordine di Malta e, nel Regno di
Napoli, all’Ordine Costantiniano. Contestualmente il papa assegnava la proprietà della precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
e di diverse case in Torino all’Ordine Mauriziano.
Quando nel 1860 verrà abolito l’Ordine Costantiniano, il suo
patrimonio – di cui una parte proveniente a sua volta dall’Ordine di Sant’Antonio –, i diritti e i pesi confluiranno nell’Ordine
Mauriziano, completando, a meno di cent’anni di distanza, l’acquisizione della dote84.
La documentazione a disposizione, sia per la ricostruzione delle vicende storiche, sia per la conoscenza architettonica dell’eccezionale complesso dotato di un assai noto ciclo jacqueriano85, sia
ancora per comprenderne la gestione a servizio principalmente
dell’Ospedale Maggiore dell’Ordine nella capitale, è ricchissima,
comprendendo mazzi, mappe e ricognizioni. Tra queste merita
di essere segnalata per la sua anomalia la grande ricognizione,
di fatto un cabreo, redatta a metà XVIII secolo, in forma di un
ovale racchiudente al suo interno l’intero complesso monastico
con il suo intorno territoriale86. Secondo consuetudine, sul fianco,
un lungo elenco redatto del «geometre Truc de Rivolle» descrive i diversi beni componenti la commenda; in scala di «trabucs
de Piémont qui consistent en 6 pieds liprans qui font 9 pieds de
France chaque trabuc», la sua eccezionalità consiste nell’essere
una doppia rappresentazione, nel segmento superiore in assonometria (secondo modelli diffusissimi anche in altri cabrei di cui
si è trattato a proposito delle commende), e in quello inferiore
in pianta, di notevole accuratezza e con precisa indicazione della
destinazione di ogni vano (anche in questo caso rispondendo in
74 chiara devoti
modo puntuale alle indicazioni imposte per la ricognizione del
patrimonio commendatario)87.
Ultimo tassello di questa acquisizione – non in termini cronologici, ma concettuali88 – è rappresentato dall’abbazia di Santa
Maria di Staffarda, già fondazione cistercense, secolarizzata da
Benedetto XIV e commutata in commenda di proprietà dell’Ordine nel 175089. Tra le prime abbazie cistercensi del Piemonte,
Staffarda è fondata nel 1135 su terreni donati da Manfredo, primo marchese di Saluzzo, cui presto si assoceranno lasciti cospicui che porteranno a una notevole estensione patrimoniale il
primo nucleo monastico90. La caduta in commenda nel corso del
XV secolo non appare fatto straordinario nel contesto di molte
altre vicende di ordini, e in perfetto parallelismo con quanto si
nota per l’Ordine del Gran San Bernardo, di cui si è trattato al
paragrafo precedente, mentre a un sostanziale assottigliamento
della comunità monastica tra XVI e XVII secolo si associa anche
un processo inarrestabile di degrado del grande complesso. Sono
assai noti gli interventi voluti da Vittorio Amedeo II a partire dal
171091, compreso il progetto di Antonio Bertola e Antonio Casella
per l’altare maggiore datato 10 settembre 171292, ed effettivamente eretto, ma senza che questi siano in grado di risollevare le sorti
di un complesso ampiamente compromesso, di un lassismo nella
gestione che non potevano sfuggire a un attento riformatore come
Benedetto XIV, strettamente osservante dell’ortodossia e del rigore morale degli “istituti di perfezione”.
I rilevamenti preliminari al passaggio all’Ordine Mauriziano,
in particolare la grande mappa non datata, ma ascrivibile all’immediato intorno del 1750, denominata Pianta delle fabbriche del
recinto di Staffarda 93, non firmata – ma forse già di mano del «misuratore» Giovanni Tommaso Audifredi, rilevatore di fiducia
dell’Ordine, autore di misure per la Commenda Magistrale di
Stupinigi e per commende minori, che sarebbe stato incaricato
due anni dopo, nel 1752, della misura del palazzo della commenda e di una piccola variazione «per dar la comunione dal Salone
alla Scala dell’Appartamento»94 – rappresentano un corpus documentario di eccezionale interesse, anche per la loro capacità di
esplicitare i termini precisi della trasformazione in commenda
dell’amplissimo territorio (con cascine e campi, oltre al cosiddetto “concentrico” o “borgo”) facente capo all’abbazia. Secondo una
consuetudine che diventerà propria sia delle mappe (quindi nel
fondo Mappe e cabrei) riferite a Staffarda sia dei documenti rilegati nei volumi o conservati nei mazzi, si distingue tra ciò che
è “monastero”, in genere indicato in rosso, oggetto delle estese
campagne di restauro di Cesare Bertea, compiuti tra il 1921 (inizio
dei lavori al chiostro) e il 1930 (sala capitolare e foresteria), per
terminare entro il 1935 con la chiesa abbaziale95, e quanto invece
compone il concentrico, a vocazione al contrario eminentemente
produttiva, comprensivo dei forni, del mulino, della latteria e del
sistema delle cascine96.
È proprio questo secondo aspetto, quello produttivo, a occupare una gran parte, certamente quella preponderante, della documentazione conservata presso l’archivio: la gestione delle cascine,
l’«affittamento» dei diversi «tenimenti» (termini ricorrenti anche
nel contesto delle altre commende), la manutenzione ordinaria e
straordinaria, compresa la costruzione di nuove stalle, l’aggiornamento dei macchinari dei mulini, o l’inserimento di nuove
un patrimonio di documenti per la ricomposizione delle scelte architettoniche e dei palinsesti territoriali 75
apparecchiature a servizio della mungitura, solo per fare alcuni
esempi, sono testimonianza di una gestione accorta, sino a tempi
recenti, della «Economia di Staffarda»97. Non stupisce allora la ricchezza di Testimoniali di Stato che caratterizza i mazzi, la redazione di accurate mappe in grado di rilevare i diversi appezzamenti
che compongono la commenda, molte firmate dal geometra Goffi
(lo stesso che ne redige diverse ancora per i differenti tenimenti
di Stupinigi), tra cui si segnala per precisione grafica la grande
mappa del 20 gennaio 1866, firmata dal geometra Reviglio, raffigurante «tutti i beni componenti la magistral commenda di S.ta
Maria di Staffarda»98, vero palinsesto del territorio rurale di una
tra le commende di maggiori dimensioni dell’Ordine.
Reviglio, geometra, Sacro Ordine Mauriziano. Piano geometrico di tutti i beni componenti
la magistral commenda di S.ta Maria di Staffarda, 20 gennaio 1866, in AOM, Mappe e cabrei,
Staffarda, Ex Uffici Agraria, ora Staffarda 38, inchiostro, acquerello e matita su carta.
[Giovanni Tommaso Audifredi, misuratore], Pianta delle fabbriche del recinto di
Staffarda, in AOM, Santa Maria di Staffarda, m. 2, Senza data, f. 39, [XVIII secolo, entro il
1750 probabilmente], matita, inchiostro e acquerello su carta.
76 chiara devoti
Note
1 Si vedano in particolare le prefazioni in Chiara DEvoti, Cristina sCalon,
Disegnare il territorio di una Commenda Magistrale. Stupinigi, collana “Le
Mappe dei Tesori”, n. 1, Ferrero Editore, Ivrea 2012 e EaDEm, Tenimenti
scomparsi. Commende minori dell’Ordine Mauriziano, collana “Le Mappe dei
Tesori”, n. 2, Ferrero Editore, Ivrea 2014.
2 Ho ricostruito almeno parzialmente la vicenda di questa famiglia di tecnici (a vario titolo) al servizio dell’Ordine in Chiara DEvoti, La “Narrazione
istorica” del cavalier Ravicchio. Note per una geografa patrimoniale mauriziana nel Ducato d’Aosta, in Costanza roGGEro, ElEna DEllaPiana, GuiDo
montanari (a cura di), Il patrimonio architettonico e ambientale. Scritti per
Micaela Viglino, Celid, Torino 2007, pp. 69-71.
3 Avevamo avanzato questa ipotesi interpretativa nel corso dei lavori di
riordino archivistico e di studio delle numerosissime carte patrimoniali
(in particolare nel contesto della prefazione al volume su Stupinigi), convincendoci della autonomia di giudizio e di amministrazione del Gran
Magistero all’interno dello Stato sabaudo, per scoprire in tempi recenti che
il termine non era acquisizione critica nostra, ma appariva ben esplicitato
nei ricchissimi carteggi interni all’Ordine stesso, nei quali il Primo segretario per la Sacra Religione soleva relazionare sullo stato dell’Ordine impiegando esattamente questa espressione; cfr. AOM, Sacra Religione. Affari
diversi, m. 21, f. 5, 1848.
4 C. DEvoti, C. sCalon, Prefazione, in EaDEm, Tenimenti scomparsi, cit. e
niColEtta amatEis, Le commende mauriziane: aspetti istituzionali e funzionali,
in Ivi, pp. 19-35.
5 Giovanni PiCCo, anna osEllo, robErto rustiChElli, Torino isolato Santa
Croce. Nobile palinsesto urbano, Celid, Torino 2000.
6 PiEra Grisoli, Una attribuzione per il palazzo dell’ordine e dell’Ospedale dei
Santi Maurizio e Lazzaro in Torino, in “Studi Piemontesi”, a. XII, n. 1 (1983),
pp. 102-111.
7 Si rimanda al contributo specifco di Erika Cristina in questo volume.
8 AOM, Case in Torino, Palazzo in Firenze e Amministrazione del palazzo
dell’Ordine in Firenze.
9 Album contenente quattro tavole in scala 1:100, eseguite a matita, inchiostro e acquerello, raffguranti i piani terreno, primo, secondo e terzo
dell’edifcio situato in via dell’Artiglione, via S. Monaca e via Serragli:
Palazzo dell’Ordine in Firenze, in AOM, Mappe e cabrei, grandi formati 5,
1870, 19 agosto. Contiene anche una relazione del 1877 inviata da Giovanni
Pini al Primo uffciale Cova a Torino sullo stato degli afftti del palazzo.
10 AOM, Sacra Religione. Affari Diversi, m. Roma. Palazzo Tempini e Del
Drago. Nello stesso fondo è conservato anche un mazzo che documenta il
trasferimento degli uffci da Firenze a Roma.
11 Si tratta per esempio delle note disposizioni in AOM, Ospedale Torino,
m. 6, f. 1, 1586, 9 settembre: Patenti di S.A.R. Carlo Emanuele per quali si
inibisce al Giudice della Città ed Uffciali d’ingerirsi nelle cause della Religione,
ed Ospedale; n. 8 – 1648, 20 dicembre. Ordine di S.A.R. Carlo Emanuele in
cui dichiara sotto la Sua Speciale protezione la Religione, Ospedale, Uffciali,
Affttavoli, cassine, ragioni, e dipendenze loro; m. 7, n. 1, 1591, 18 ottobre:
Ordine di S.A.R.le di Savoja l’Infante Donna Cattarina d’Austria alli Gabellieri,
Dacieri, portinari, e Pedaggieri di non molestare gli Uffciali, Agenti, Servitori,
e Condottieri di vettovaglie per lo Spedale per il pagamento d’alcuna Gabella,
Dacito, e Pedaggio.
12 La Basilica Magistrale è stata oggetto non solo dell’attenzione di Paolo
bosElli, L’Ordine Mauriziano dalle origini ai tempi presenti, Offcina Grafca
Elzeviriana, Torino 1917, pp. 438-439, ma le è stato dedicato un volume
completo: maurizio maroCCo, La basilica magistrale della Sacra religione ed
Ordine militare de’ SS. Maurizio e Lazzaro: sunti storico-artistici, Eredi Botta,
Torino 1860. Molto più di recente richiamo la mia sintetica scheda Chiara
DEvoti, Basilica Mauriziana, in vEra Comoli manDraCCi, Carlo olmo (a cura
di), Guida di Torino. Architettura, Allemandi, Torino 1999, scheda 66, p. 98.
13 luCiano tamburini, Le chiese di Torino dal Rinascim