Gocce

Posted on

e gocce di pioggia più grandi mai osservate misuravano almeno 8,6 millimetri e furono individuate due volte, nel 1995 nel bacino del Rio delle Amazzoni e quattro anni dopo alle Isole Marshall, nel Pacifico .

In entrambi i casi a studiarle furono meteorologi statunitensi che pubblicarono i loro risultati sulla rivista specializzata Geophysical Research Letters, ma solo nel 2004. Gli scienziati azzardarono, ma senza darlo per certo, che le gocce potessero aver raggiunto persino la dimensione di un centimetro. Il sito della Nasa cita anche gocce di 8 millimetri registrate alle Hawaii. La dimensione tipica di una goccia di pioggia, però, è considerata 2 millimetri. Sotto il mezzo millimetro non si parla più di pioggia ma di pioviggine (però non tutti sono d’accordo e alcuni indicano il limite sotto il quale si parla di pioviggine in 0,3 o anche 0,2 millimetri).

Oggi le dimensioni delle gocce di pioggia sono misurate grazie a laser meteorologici, che consentono rilevazioni molto precise. Ma gli studi sono cominciati prima che i laser fossero inventati con sistemi assai più semplici: contenitori riempiti di farina ed esposti alla pioggia, in modo da formare piccole palline che venivano poi essiccate e misurate, ma anche fogli di carta assorbente o contenitori pieni di olio, in cui la goccia di pioggia resta separata dall’olio e può così essere misurata. È stato in questo modo (con i contenitori di farina, in particolare) che sono state realizzate le prime formule sulla distribuzione della dimensione delle gocce in una precipitazione settant’anni fa, nel 1948. Formule che indicano quanto le gocce più grandi siano via via più rare e che sono considerate valide ancora oggi.

In realtà, misurare le dimensioni delle gocce di pioggia più grandi è reso difficile dal fatto che mentre cadono modificano la propria forma. Infatti una goccia resta sferica (e non con la forma a lacrima con cui spesso viene disegnata) più o meno fino a quando raggiunge i 2 millimetri, mentre oltre questa dimensione la resistenza dell’aria la schiaccia in senso orizzontale dandole una forma a pagnotta o anche a ciambella.

In realtà, le gocce mentre cadono continuano anche a unirsi (quando si scontrano, in un fenomeno che viene chiamato coalescenza) e a dividersi (quando diventano troppo grandi, di solito oltre i 5 millimetri) secondo meccanismi che sono ancora poco chiari.

La stessa formazione delle gocce di pioggia e il loro accrescimento all’interno delle nuvole non è ben conosciuto: i meteorologi sono d’accordo sul fatto che le gocce nascano attorno a pulviscolo, sale e impurità, ma non si sa esattamente come facciano a passare dai 20 micron (20 millesimi di millimetro) ai 2000 (ossia 2 millimetri) della goccia tipica o comunque fino alla dimensione minima che consente di cominciare a cadere verso il suolo.

La dimensione influenza, ovviamente, la velocità con la quale una goccia cade: se ha un diametro di 1 millimetro si stima che arrivi a terra più o meno viaggiando a 4 metri al secondo (poco più di 14 chilometri all’ora), mentre una goccia tipica, quella che ha un diametro di 2 millimetri, cade a 6 metri al secondo (più di 20 km/h) e una di 5 millimetri di diametro precipita anche a 9 metri al secondo (oltre 30 km/h).