Una sosta per visitare la Chiesa Abbaziale di Sant’Antonio Abate di Ranverso dichiarata nel 1883 Monumento Nazionale.

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Un vero gioiello: vale un viaggio e una lunga sosta!

Recensione di Precettoria di Sant’Antonio di RanversoRecensito 11 settembre 2017

Viene comunemente chiamata abbazia, ma il termine corretto per definirla è precettoria: la struttura originale – medievale – era composta da una chiesa, abbaziale, con chiostro e alloggio dei monaci, da edifici destinati a foresteria, ospedale, magazzinaggio di prodotti agricoli e un podere (per assicurare la sussistenza; vi si coltivavano, anche, nel cosiddetto “giardino dei semplici”, erbe officinali e curative), con rogge, canali, peschiere.
La struttura, fondata nel 1188 da Umberto III di Savoia, aveva, quindi, una importante funzione economica e sociale ed era anche una tappa di transito e di fermata della Via Francigena. Oggi poche tracce danno un’idea della configurazione iniziale: la facciata dell’antico ospedale, dove i canonici regolari di Sant’Antonio di Vienne curavano coloro i quali erano afflitti da quello che allora veniva denominato “fuoco di sant’Antonio” (non è quello che oggi noi chiamiamo così), con altissimi frontoni appuntiti (le ghimberghe) e pinnacoli con croce a Tau, simile alla facciata della Chiesa, molto bella; le mura della foresteria, con qualche elemento decorativo, …
Sono molto ben conservati – recentemente restaurati – la chiesa, con annessa sagrestia, veramente splendida sia per l’architettura sia per l’apparato decorativo; il chiostro e il campanile, di fondazione romanica, rialzato nella seconda metà del Trecento, in stile gotico (come chiaramente dicono i pinnacoli angolari sulla cima, attorno alla cuspide), in cotto, con tre ordini di bifore.

La chiesa ha una facciata di forme gotiche, con ghimberghe e pinnacoli; dai portali (tre, particolarmente splendidi), con modanature quattrocentesche in terracotta che rappresentano foglie e frutti, si accede all’atrio (nartece) che conserva affreschi, anch’essi quattro/cinquecenteschi, e bellissimi capitelli a decorazione dei pilastri che sostengono la volta: in pietra verde, scolpiti in stile gotico-lombardo, i capitelli rappresentano teste di mostri, animali, volti femminili, volti maschili bifronti, con ornamenti vegetali (foglie di quercia e ghiande).

Costeggiando il chiostro, si accede all’interno: l’edificio (modificato e ampliato nel corso dei secoli) ha una pianta asimmetrica, scandita da pilastri che reggono volte a crociera, il cui centro è decorato con motivi differenti che raffigurano la storia della salvezza dalla creazione del mondo alla resurrezione di Cristo. Accanto alla navata principale, diverse piccole cappelle e, accanto all’altare, la sacrestia.

Sull’altare il polittico di Defendente Ferrari (prima metà del Cinquecento) rappresentante la Natività, con ai lati i santi tradizionalmente invocati in caso di pestilenze e malattie: San Rocco e San Bernardino da Siena, Sant’Antonio e San Sebastiano; nella parte bassa, la predella, sono presentati episodi della vita di Sant’Antonio Abate. Un’opera molto bella e interessante, con una grandiosa architettura in legno dorato.

Nel presbiterio, opere – eccellenti – di Giacomo Jaquerio, attivo nella prima metà del Quattrocento, grandissimo rappresentante del “gotico internazionale”: sulla parete sinistra, la “Madonna in trono e i Santi Giovanni Battista, Antonio Abate, Marta, Margherita, Nicola e Martino e i Profeti”; sulla parete destra, le “Storie di Sant´Antonio Abate e i contadini che offrono maiali a Sant´Antonio” e il “Cristo di Pietà”, un Cristo che emerge dal sepolcro, circondato dagli strumenti della passione.

A Giacomo Jaquerio si deve anche la decorazione della sacrestia, comprendente un’Annunciazione (ai lati della finestra), i Santi Pietro e Paolo, l’Orazione nell’Orto, e – sul lunettone – la particolarissima Salita al Calvario; ci fosse anche solo quest’opera, che rappresenta con incredibile realismo, una scena affollatissima di personaggi diversissimi, minuziosamente definiti e caratterizzati dal punto di vista fisico e psicologico, circondati da stendardi e da teste di lance (che danno movimento e profondità alla scena) per ammirarla varrebbe la pena di fare un viaggio fino a Buttigliera Alta: un autentico capolavoro, cosa di cui doveva essere consapevole l’autore che ha lasciato – per attribuirsela – l’iscrizione in caratteri gotici, scoperta ai primi del Novecento che dice “(picta) fuit ista capella p(er) manu(m) Jacobi Jaqueri de Taurino”!
Concludono le decorazioni della cappella, sulle vele della volta, i Quattro Evangelisti – identificabili grazie ai simboli propri, anch’essi bellissimi.

Sulle pareti della chiesa, nelle cappelle laterali, altri interessanti affreschi realizzati a partire dal XIII secolo per raccontare, come da tradizione, storie leggendarie di santi, oggi sconosciute ai più e di cui è forse difficile comprendere l’importanza (ad esempio, quella di Maria Maddalena nella prima cappella della navata sinistra).

Insomma un complesso storicamente importante, che conserva opere particolarissime, alcune di una bellezza sconvolgente!Data dell’esperienza: settembre 2017