Canta la merla e gennaio, con i suoi riti di purificazione e di iniziazione con il fuoco, cede il passo a febbraio, il cui primo giorno corrisponde alla festività di Imbolc, dedicata alla dea Brigit. Imbolc, successivamente rinominata Candelora, è festività primaverile e come i Lupercales romani, che cadevano nello stesso periodo, è tempo di lustrazione e di fecondità.
Il fuoco, con il suo significato di purificazione e di iniziazione, cede il passo all’acqua e il Druida con il cinghiale (Sant’Antonio Abate) s’inchina al sopravvenire di Brigit, l’aspetto femminile della divinità, che è anche chiamata Morrigu o Bodb, Cornacchia, l’animale che la simbolizza.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito al rinnovarsi, in alcune località della pianura (Cadimarco, Bonpensiero, Ostiano, Volongo), dei riti dell’accensione delle pire in concomitanza con la ricorrenza di S.Antonio Abate, protettore degli animali, il quale è raffigurato in compagnia di un maialino (più anticamente, di un cinghiale).
S.Antonio Abate è dunque un druida, in compagnia del suo simbolo, il cinghiale e la sua ricorrenza viene festeggiata con l’innalzamento di pire a forma di zangola, che ricordano riti di iniziazione e di purificazione col fuoco durante i quali venivano scavate buche rettangolari nelle quali entravano gli iniziandi. La buca veniva ricoperta con rami secchi, ramaglia verde e canapa che venivano incendiati. Il fumo della pira, penetrando nella camera sottostante, induceva stati d’estasi e il contatto con il mondo spirituale.
Il 30, il 31 di gennaio e il primo giorno di febbraio il Cinghiale cede il passo alla Cornacchia-Merla e questa canta, nei riti riscoperti e reintrodotti nei paesi della pianura cremonese, come Formigara, Soresina, Pizzighettone.
La Merla-Cornacchia “cantava” nei tempi antichi il suo grido di battaglia per annunciare il risveglio della natura e, in tempi più recenti, per propiziare il primo raccolto dell’anno: il baco da seta, che veniva nutrito con le foglie del gelso, il cui nome dialettale è “muron” nel Cremonese e “mur” nel Bresciano.
In questi giorni la Merla “canta” in sagre dove gruppi di persone dialogano a distanza, con canti e filastrocche, per evocare l’avvento della primavera.
Sulla Merla esistono varie leggende. Una vuole che una merla, in origine bianca, ingannata dai primi tepori, fosse uscita dal nido e volando per la campagna avesse incontrato Gennaio. Sicura della fine dell’inverno, la merla sbeffeggiò il mese ormai prossimo a morire, il quale si vendicò irrigidendo il clima. La merla si rifugiò sotto un camino, ma i contadini, anch’essi infreddoliti, accesero il fuoco e dal comignolo cominciò a uscire fumo. La merla a causa del fumo annerì e da allora è rimasta nera. Nera come la Cornacchia Morrigu. Il passaggio di colore, avvenuto attraverso la fumigazione allude ad un’iniziazione, così come conferma un’altra leggenda che narra di una donna che era andata a dormire sui tetti dicendo: “Se campo tre notti, mi sposo” e che la terza notte fu trovata morta.
La donna sui tetti, nell’immaginario contadino, veniva assimilata alla merla e anche in questo caso la leggenda sottende un rito iniziatico: i tre giorni, la morte, la tensione verso lo sposalizio e quindi la fecondità.
rilevatore Ersilio Teifreto
Canta la Merla, la bianca neve si scioglie, la campagna diventa nera e arriva Primavera.
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