Secondo lo storico Rohlfs, il nome di Novoli deriverebbe dalla parola latina Novulum-Novale, cioè campo da arare. Sembra infatti che così venisse comunemente chiamato il feudo, il cui nome esatto era Santa Maria de Novis. Nemmeno le origini del centro abitato sono certe. Si pensa che il villaggio sia stato fondato, intorno a tre antichissime chiese (S. Salvatore, S. Giovanni e S. Maria Madre di Dio), dagli abitanti del casale di Porziano, provenienti da una zona paludosa poco distante, che gli diedero il nome di Santa Maria Nove. Tuttavia, le tracce più antiche della presenza umana nel territorio di Novoli, sono delle ossa fossili del Pleistocene superiore e selci scheggiate neolitiche, rinvenute nelle grotte di Cardamone, e menhir dell'età del bronzo, scoperti in contrada Pietragrossa.
Al periodo magno-greco risalgono due tombe, con relativo corredo, del VI secolo a.C. Di epoca bizantina sono i resti dell'affresco nella chiesa dell'Immacolata, che rappresenta la Madonna in trono con il Bambino, databile al XV secolo. Dal 1546 il feudo andò incontro ad un periodo di splendore, sotto la casata dei Mattei, i quali fecero realizzare il palazzo baronale e numerose chiese, fra cui quelle di Sant'Andrea Apostolo, di Sant'Antonio abate e di San Salvatore, dalla curiosa forma ottagonale. Dai Mattei, il feudo passò ai Carignani, che lo detennero fino al 1806, anno di eversione della feudalità.
Stemma civico
Sullo stemma del comune di Novoli sono raffigurati tre grappoli d'uva pendenti da un tralcio disposto diagonalmente, tuttavia, fino all'Unità d'Italia, esso aveva come soggetto la Madonna di Costantinopoli con Gesù Bambino in grembo, a simboleggiare la devozione mariana degli abitanti: ciò spiegherebbe anche l'origine del nome del paese, Santa Maria De Novis.
Monumenti e luoghi d'interesse
La chiesa madre di Sant'Andrea Apostolo fu edificata intorno alla metà del XVI secolo per trasferirvi la Parrocchia di Santa Maria de Novis dall'antica chiesa della Mater Dei, diventata troppo piccola. Il prospetto in carparo è diviso da una trabeazione in due ordini, raccordati da volute, a sostegno delle statue di due angeli: l'ordine inferiore, scandito da quattro lesene con capitelli ionici, ospita un portale barocco inquadrato da due colonne doriche e sovrastato dalla statua della Madonna col Bambino. L'interno, con pianta a croce latina, ospita pregevoli altari in pietra leccese e dipinti ad olio di diversi pittori salentini. In posizione arretrata rispetto al prospetto, si erge il campanile a pianta quadrata a tre piani, del XVIII secolo.
La chiesa della Madonna del Pane, del XVII secolo, fu eretta per ospitare l'immagine bizantina della Madonna, posizionata su un muretto. Originariamente dedicata alla Madonna di Costantinopoli, essa consta di tre navate con copertura a volta a stella e conserva l'antica immagine della Vergine, sull'altare maggiore. Il culto per la Madonna del Pane ebbe origine nel Settecento, in seguito ad un fatto miracoloso, e si diffuse nell'Ottocento, culminando con l'intitolazione della chiesa, nel 1853.
La chiesa di Sant'Antonio Abate, della prima metà del XVII secolo, è stata oggetto di numerosi interventi di ristrutturazione, di cui gli ultimi risalgono al 1885. Il prospetto della chiesa, in stile neoclassico, presenta una scalinata con annesso piazzale ed è scandito da quattro paraste con capitelli dorici, sormontate da un timpano triangolare con orologio. A sinistra, in posizione arretrata rispetto al prospetto, si erge il campanile, che ne riprende le linee architettoniche.
L'interno, a cui si accede da un portale protetto da un piccolo tamburo in legno, sovrastato da organo e cantoria, consta di una navata centrale e due laterali, con tre altari in marmo per parte, dedicati a San Luigi, alla Madonna di Pompei, al SS. Crocifisso (lato destro), ai Santi Medici, a Santa Lucia ed alla Madonna Addolorata (lato sinistro). Le due navate terminano con due cappelle, dedicate a Sant'Antonio Abate ed al SS. Sacramento. La navata centrale prende luce da sei finestroni con vetri policromi martellati, sorretti da telai in ferro. In corrispondenza del transetto si trova una cupola circolare con otto finestroni nel tiburio ed otto finestrini nella lanterna, che illuminano la chiesa.
La chiesa dell'Immacolata, già della Mater Dei, prima chiesa di Novoli e quindi prima sede parrocchiale, presenta una semplice facciata a capanna culminante con una croce. Il portale d'ingresso, inquadrato da una cornice con architrave, è sovrastato da due mensole che sostengono un piccolo rosone. L'interno, a navata unica con copertura a volta a crociera, comprende un'abside semicircolare, separata dall'aula da una balaustra in marmo bicromo, che conserva l'affresco, in stile bizantino della Vergine Odigitria, dei primi decenni del XIV secolo.
Resti di un altro affresco bizantino, con la Vergine ed un angelo, probabilmente raffiguravano l'Annunciazione. Secondo l'interpretazione iconografica e teologica, tali immagini rappresenterebbero la "Madonna del Risorto", detta "della Cutùra" nel dialetto locale. La venerazione della Vergine con questo titolo è diffusa anche in altre località salentine dove era praticato il culto greco-bizantino. Infine la chiesa conserva, sulle pareti del presbiterio, altri quattro affreschi, del 1618. Anticamente essa era dotata di coemeterium sotterraneo, cioè un sepolcro che custodiva i corpi dei monaci.
La chiesa di San Salvatore, fu eretta nella prima metà del XVI secolo, per volontà del gesuita Bernardino Realino, sui resti di un'antico edificio bizantino dedicato alla Madonna Allattante. La costruzione, dalla curiosa pianta ottagonale, custodisce al suo interno, dalla copertura con "volta a ombrello", soluzione adottata nell'abside della Basilica di Santa Croce, a Lecce, un elaborato altare lapideo del 1702, opera del leccese Giuseppe Cino. La copertura della chiesa fa pensare che essa venne realizzata dalla scuola dell'architetto-scultore leccese Gabriele Riccardi.
La chiesa ed il Convento dei Padri Passionisti furono edificati per ospitare la comunità passionista, la cui presenza a Novoli fu richiesta dall'arciprete Oronzo De Matteis nella seconda metà del XIX secolo. La costruzione presenta uno stile neogotico, testimoniato dal prospetto, caratterizzato dal portale inquadrato da un protiro, dalle guglie, e dal finestrone circolare decorato da membrature ed intrecci di archi polilobati. L'interno è a navata unica, con tre arcate per lato e relativi altari in marmo policromo.
Il Palazzo Baronale, voluto agli inizi del XVI secolo dai baroni Mattei, divenne sede di una ricca biblioteca grazie ad Alessandro Mattei II, umanista e mecenate, che vi ospitò il filosofo e medico di Leverano Girolamo Marciano, il quale ne utilizzò i volumi per completare la sua "Descrizione di Terra d'Otranto". Il palazzo fu ristrutturato intorno alla metà del '600 e, ancora, nel 1700, da Alessandro III, ultimo discendente del Casato Mattei, il quale fece realizzare da Giuseppe Cino una passeggiata scoperta nel cortile e la fontana. L'interno del palazzo conserva, agli angoli di una sala, alcuni stemmi delle famiglie che soggiornarono: Della Torre, Pepoli e Malvezzi.
Il Teatro comunale fu eretto nella prima metà dell'Ottocento, per soddisfare l'interesse e la passione per il teatro degli abitanti di Novoli. Esso costituiva il primo esempio nel Salento di edificio ad emiciclo con ordini di due palchi in legno.
Il Menhir Pietragrossa che, secondo il Palumbo, ha dato il nome alla contrada dove sorge, è alto oltre un metro.
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