L'identità plurima: i santi patroni nel Salento moderno e contemporaneo
Mario Spedicato
1. Mi sia consentito prima di entrare nel vivo del discorso fare una piccola premessa che possa supportare e spiegare quanto avrò modo di argomentare in seguito. Il problema dell'identità, così come acutamente è stato affrontato da Mario Marti in alcuni suoi precedenti interventi e non ultimo quello pubblicato nel numero de "L'Idomeneo" 2007, impone alla ricerca di fare chiarezza in via preliminare sul concetto che la sottende e a cui spesso istintivamente facciamo riferimento, cioè che cosa, nel nostro caso, intendiamo per "salentinità" 1 . La salentinità, mi pare assodato, non è una categoria astratta, metafisica, ma come è stato ancora recentemente ben precisato «è soprattutto un sentimento individuale e soggettivo, una condizione psicologica e intellettuale, in sostanza un privilegiato e totale rapporto d'amore nei confronti di tutti gli aspetti, le condizioni, le manifestazioni del Salento da parte di chi nel Salento riconosca e senta la propria 'piccola patria'» 2. Il sentimento, come è noto, appartiene alla sfera della scienza psicologica e non si coniuga, se non a precise condizioni che attengono però alle dinamiche e all'analisi storico-antropologica, con il tema dell'identità del Salento. Su quest'ultimo terreno, quello cioè rilevabile dalla realtà assai mutevole storico-antropologica dell'ambiente, bisogna rendere compatibile ciò che si sente come salentino con ciò che oggettivamente, concretamente può essere l'identità salentina «per non cadere – avverte sempre Marti – nel paralogismo cronologico di scambiare l'effimero odierno, l'ancora magmatico e informe, per realtà definitivamente storicizzata»3 . Ora proprio perché la storia e l'antropologia ci consegnano una identità della regione Salento «mai uguale a se stessa» questo dovrebbe sconsigliare di arrivare a conclusioni definitive, di carattere assoluto. Marti afferma che «le identità della regione Salento sono tante quante furono le stagioni della sua storia civica e antropologica, che fatalmente si inquadrano nelle più ampie stagioni della storia d'Italia e d'Europa» e conclude che «solo nel grande quadro della storia e dell'antropologia italiana ed europea è riconoscibile una sua (cioè del Salento) identità, se e quando poi l'abbia effettivamente conquistata e posseduta» 4.