Ersilio Teifreto del blog ToriNovoli dopo averlo letto presenta il libro di Donatella Di Pietrantonio conosciuta alla libreria Feltrinelli di Porta Nuova a Torino «L’Arminuta», in dialetto paesano Abruzzese la «ritornata».

«L’Arminuta», in dialetto paesano Abruzzese la «ritornata».

In dialetto abruzzese il verbo ‘donare’ esiste solo riguardo ai bimbi di famiglie numerose, dati ai coniugi sterili ed abbienti, non ha altro significato. E «L’Arminuta» è proprio la storia di una bambina cui tocca questo destino, ma con una svolta ancora più tragica. La madre «adottiva» avrà poi un figlio e l’adottata sarà restituita ai genitori biologici. La particolarità della storia che narro, priva di alcun riferimento autobiografico, ma sentita più volte nell’infanzia, il vero trauma è il ritorno della ragazzina ai genitori naturali, avvenuto senza troppe spiegazioni.

Quando le si pone una domanda Donatella Di Pietrantonio non parla subito. Intercorre una pausa e si ha quasi paura di aver esposto l’osservazione sbagliata, poi lei risponde, quasi avesse dapprima dovuto pensarci, la voce dal greve accento abruzzese.

Il ritorno alla casa dove è nata comporta per «L’Arminuta» una discesa agli inferi. Dall’agiatezza e la cura della famiglia in cui è cresciuta, viene catapultata di colpo in un mondo di sporcizia e promiscuità. La madre biologica si rivela una sconosciuta rude ed avara, incapace di qualsiasi manifestazione affettiva, il dialetto è per la ragazzina una lingua straniera. Si ritrova con due madri senza sentire di appartenere a nessuna, per questo la parola ‘mamma’, la prima parola del mondo, diventa indicibile.

Eppure «L’Arminuta», piccola tredicenne, non mostra mai di perdere la speranza, fa lega con i fratelli ritrovati, coglie l’opportunità di una buona educazione scolastica. In che modo riesce a farcela?

autore Ersilio Teifreto

 

Stiamo parlando di una ragazzina dalla forza interiore non comune, di una vitalità straordinaria, dalla grande capacità di socializzazione. In Adriana, la sorellina di due anni minore, che la riceve per prima sulla porta, sudicia con i piedini scalzi e le trecce sfatte, la stessa ragazzetta con cui dovrà dividere un lettuccio e ci piscerà regolarmente dentro, «L’Arminuta» riesce a trovare da subito complicità. Si instaura tra loro un legame molto forte di mutuo sostegno, l’una diventa per l’altra, un rifugio.

Il fratello maggiore, Vincenzo, con i suoi muscoli che stanno venendo allo scoperto, i peli scuri e già ispidi rappresenta, invece, il polo di una forte attrazione erotica.

Ed è naturale che succeda così, i due non hanno mai vissuto insieme e non riescono a riconoscere la fratellanza. Sono ormai adolescenti e gli ormoni pulsano, si fanno sentire, eccome. Non scattano tra la tredicenne e i fratelli ritrovati, di cui prima non immaginava neppure l’esistenza, gelosia, invidia o rabbia ma, al contrario, riconoscimento.

Provenendo da una famiglia biologica povera ed ignorante «L’Arminuta» frequenterà il liceo. Come ci riesce?

L’eccellere a scuola rappresenta per la ragazzina un rifugio alle frustrazioni e forse anche un modo per cercare di farsi amare.

Che liceo sceglie?

Mah, questo non l’ho scritto. Facciamole fare lo scientifico, dato che si diverte tanto con la geometria dei solidi incastrati gli uni sugli altri, della terza media.

Lei ha esordito a circa 50 anni con «Mia madre è un fiume» (Premio Tropea) della Elliot, quando ha capito di essere una scrittrice vera e propria? Per giunta di successo?

Tardi perché avevo sempre scritto, ma prima non ci avevo mai creduto davvero. Anche oggi dedico alla scrittura solo ore rubate dalla mia attività principale: lavoro come medico dentista pediatrico. Per riuscire a scrivere punto la sveglia dalle cinque alle sette. Ho bisogno del contatto con gli altri, la solitudine davanti alla pagina bianca la devo dilazionare in piccole dosi.

La critica la paragona ad Ignazio Silone, riconosce di aver un debito con il politico scrittore?

Beh, è abruzzese come me. Appartiene a questa terra poco conosciuta, ruvida, aspra, che, improvvisamente si accende del riflesso del mare. Diciamo, che insieme ad altri autori, questi invece lontani come Marguerite Yourcenar o Borges, è scorso come un fiume carsico dentro di me, per poi fuoriuscire, finalmente, alla luce.