Dell’antico complesso monastico si sono conservati la chiesa con il campanile e la sacrestia, un lato del chiostro,> l’ospedale, il convento e le cascine.Ranverso la chiesa ha risentito, nei secoli, di molte trasformazioni ed ampliamenti, così da risultare oggi scarsamente omogenea

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Sant’ Antonio di Ranverso

 

 

Un pò di storia……..
Foto_Ranverso
L’Abbazia è situata a cavallo dei comuni di Rosta e Buttigliera Alta a pochi chilometri da Torino.
Come arrivare: sulla strada statale del Moncenisio lungo il tratto tra Rivoli ed Avigliana da Torino, oltre Rivoli, al Km 19.5 della statale del Moncenisio in direzione di Avigliana.
Visite: tutti i giorni, tranne il lunedì d’ Estate: 9-12 14.30-17.30 – Inverno: 9-12 14-16.30
La strada romana delle Gallie attraversava la Dora a Ferriera di Avigliana e si sviluppava lungo la riva sinistra, cioè sull’indiritto del versante, che nella stagione invernale era meglio esposto al sole.
Nell’Alto Medioevo fu spesso travolta dalle esondazioni del fiume e successivamente non fu più ripristinata.
II tratto della Via Francisca o Francigena compreso tra Rivoli e Avigliana si è eccezionalmente conservato quasi per intero ed è un prezioso documento di archeologia del paesaggio medievale.
Su di esso è situata l’abbazia tardogotica di Sant’Antonio di Ranverso, sul versante «inverso» appunto, con affreschi di Giacomo Jaquerio (sec. xv) e un polittico di Defendente Ferrari (1531).
Sulla strada statale Torino-Susa, nel tratto compreso tra Rivoli ed Avigliana, infatti, si apre a sinistra un viale di platani.
Porta alla Precettoria di S. Antonio di Ranverso, uno dei più significativi monumenti d’arte medioevale del Piemonte, comprendente la Chiesa, il Monastero e l’Ospedaletto. Avvistare la torre campanaria o udire il suono della sua campana, significò nei secoli difficili del medioevo, rassicurare i pellegrini che percorrevano la Via Francigena. La stessa campana diede conforto ai sofferenti di una delle dolorosissima malattia, l’ergotismo (il “fuoco di S. Antonio”) che i religiosi curavano nell’ospedaletto sorto accanto alla Chiesa.
La Precettoria, con l’aiuto di Umberto III di Savoia, venne fondata dai religiosi ospedalieri di S. Antonio eremita, provenienti dal Delfinato in Francia. Questi conventuali, in parte laici, vestivano un saio nero sul quale era cucita in panno azzurro una croce a forma di stampella, il TAU, segno mistico e taumaturgico.
Fu un conte di Savoia, Umberto III che la Chiesa avrebbe più tardi beatificato, a fondare nel 1188 l’abbazia di Ranverso, dedicata a Sant’ Antonio. Umberto, che secondo la tradizione aveva scelto il luogo di Ranverso o Inverso perché vicino ad Avigliana – dove era nato – vi chiamò i monaci Antoniani di Francia, che si dedicavano alla cura delle malattie che più infierivano nel Medioevo, erano cioè impegnati principalmente nell’assistenza ai lebbrosi e ai colpiti dal “fuoco sacro” o “fuoco di Sant’Antonio”, vale a dire l’herpes zoster, malattia molto diffusa nel Medioevo.

La Chiesa
La chiesa primitiva, costruita sul finire del XII secolo, era di dimensioni modeste, composta di una sola navata con un’abside semicircolare e un campanile basso, ove nella seconda metà del Trecento fu poi costruito l’attuale.
Nel XIII secolo fu ritenuta insufficiente e si dette quindi all’ampliamento dell’abside,
che venne trasformato in un presbiterio a pianta quadrata e a volta a crociera.
Durante il secolo successivo furono aggiunte le cappelle del lato settentrionale, si allungò la chiesa, fu costruita la sacrestia, venne eretto il portico d’ingresso coi tre archi e infine la navata minore meridionale.
Negli ultimi decenni del Quattrocento la chiesa assunse l’aspetto attuale con un ulteriore allungamento terminato dall’abside poligonale, mentre la nuova facciata veniva decorata con terrecotte sagomate.
Nel ‘400 l’Abbazia è l’unica a godere nella valle di una certa floridezza tanto da promuovere nel 1470 lavori di ampliamento e decorazione della chiesa e del complesso ospedaliero
Oltre alla chiesa ed al monastero, Umberto III fece erigere anche un ospedale, dove i malati venivano curati dai monaci col grasso di maiale,che agiva sulle piaghe come emolliente ed isolante.
Successivamente iniziò un periodo di decadenza che ebbe il culmine con la soppressione dell’ordine nel 1776 da parte di Papa Pio VI.La bolla di papa Pio VI pose fine all’opera caritativa; i monaci Antoniani superstiti passarono all’ordine dei Cavalieri di Malta e la proprietà di tutto il complesso venne affidata all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (Ordine Mauriziano) che ne ha curato e cura tuttora la conservazione ed il restauro.
Nel 1914, durante i lavori di restauro della facciata e dell’interno della chiesa, venne portata alla luce, nella fiancata sinistra del presbiterio, la firma di Giacomo Jaquerio, confermando così le ipotesi che vedevano nel pittore torinese, maestro nell’arte figurativa del cosiddetto gotico fiorito o gotico internazionale, l’autore degli affreschi più importanti della chiesa e della sacrestia.
I monaci superstiti furono assegnati all’ Ordine di Malta

e la proprietà degli edifici passò all’Ordine Mauriziano.
L’ospedale, inizialmente dedicato ai malati di ergotismo ( una intossicazione legata alla segale), diede assistenza anche ai lebbrosi, agli infermi e ai pellegrini di passaggio.
L’attuale aspetto della chiesa è dovuto alla notevole opera di restauro di Alfredo D’ Andrade, compiuta nel 1914, che cercò di recuperare l’immagine che la chiesa doveva avere nel secolo XV, quando furono ampliate le strutture originarie.

Origini del Tau
L’antico ospedale sorge staccato dal monastero.
Non ne rimane altro che la bella facciata in laterizio con ghimberga centrale, coronata da pinnacoli e cuspidi sormontate dal simbolo del TAU. Il simbolo tanto ripetuto nelle immagini degli antoniani, il TAU, è segno di salute e “Signum potentiae”.
Poichè l’ordine dei monaci Antoniani, fondato da Gastone di Vienne ed approvato da papa Urbano II con bolla del 1095, era composto da fratelli laici (il Gran Maestro o Abate era sacerdote)
che indossavano un abito nero su cui risaltava in azzurro una T (tau), la quale richiamava
contemporaneamente il simbolo della Croce, della stampella degli ammalati e l’arcano significato della lettera greca sinonimo di prodigio, si spiega perchè compare la T (tau) negli stemmi degli Abati, sui capitelli, sulle volte della chiesa, sul campanile; la T (tau) inoltre veniva cucita sul vestito degli ammalati e addirittura impressa sulla groppa dei maiali.

L’architettura
Dell’antico complesso monastico si sono conservati la chiesa con il campanile e la sacrestia, un lato del chiostro,> l’ospedale, il convento e le cascine. La chiesa ha risentito, nei secoli, di molte trasformazioni ed ampliamenti, così da risultare oggi scarsamente omogenea e fortemente asimmetrica.
E’ composta al suo interno da tre navate sorrette da pilastri che portano archi ogivali e volte a crociera.
I lavori di restauro condotti nel 1914, hanno permesso di stabilire quali siano state le alterne vicende dell’Abbazia: sul finire del XII secolo, era di piccole dimensioni, a navata unica con abside semicircolare ed aveva un campanile non tanto alto che costituì la base del campanile che ancora oggi si eleva sul fianco nord della chiesa.
Nella prima metà del XV secolo non vennero eseguiti ulteriori ampliamenti, mentre vennero compiute importanti opere di decorazione.
La facciata della chiesa è di forme gotiche-lombarde; essa guarda a ponente, come avveniva per tradizione in tutte le Chiese cristiane antiche, in modo che l’officiante, durante la celebrazione della Santa Messa, fosse rivolto a Gerusalemme. Su di essa si apre un portico a tre luci sormontate da ghimberghe ornate a foglie giganti, fiori, frutta e ricca vegetazione in cotto e terminanti con pinnacoli.
Lateralmente, rispetto alla porta principale, si trovano pilastri a colonnina, con interessanti capitelli in pietra verde, intagliati secondo lo stile lombardo.
Notevole è la loro somiglianza con quelli della Sacra di S.Michele; essi rappresentano teste di monaci, diavoli o animali, tutti elementi tipici del primo Medioevo.

L’arte
Appena entrati nella chiesa, l’attenzione viene catturata dal grande polittico che si erge sull’altare maggiore, eseguito nel 1531 da Defendente Ferrari, per voto fatto dalla città di Moncalieri durante una pestilenza.
Sopra la struttura in legno dorato che incornicia il polittico, si vede lo stemma della città di Moncalieri; al centro è dipinta la Natività, ai lati della quale sono raffigurati, a sinistra, S.Rocco e S.Bernardino da Siena e, a destra, S.Antonio e S.Sebastiano; nella parte bassa una predella a sette piccoli scomparti ritrae episodi della Vita e miracoli di S.Antonio Abate.
Il quadro è chiuso da quattro valve dipinte: all’esterno, monocromi, sono rappresentati alcuni fatti della Vita della Vergine Maria e, all’interno, a colori, sono raffigurati alcuni Santi