Piemonte spirituale: S. Antonio di Ranverso
Almalinda Giacummo
Vicino Rivoli si trova il complesso abbaziale di s. Antonio di Ranverso, composto dalla chiesa, dall’ospedale e dalle aziende agricole annesse. Convento fondato nel XII secolo in rivus inversus con un ospedale per soccorrere i pellegrini affetti soprattutto dal “fuoco di s. Antonio”, era originariamente composto da un’aula con abside semicircolare, cui fu annessa una zona presbiteriale nel XIII secolo, mentre le cappelle sul fianco sinistro, la navata destra coperta con volte ad ogiva costolonate, la sagrestia ed il portico d’ingresso furono aggiunti nel XIV secolo. Alla fine del XV secolo furono aggiunti elementi tipici del tardo gotico di influenza francese, dovuti alla presenza come commendatario di Jean de Montchenou: ghimberghe (frontoni triangolari fiancheggiati da due guglie…), pinnacoli e decorazioni in cotto fanno la loro comparsa soprattutto sulla facciata e nell’abside, che diventa poligonale.
Verso la fine del ‘600 si cominciò ad organizzare un centro rurale affiancato al complesso monastico – ospedaliero, e quando quest’ultimo fu soppresso questi nuovi edifici furono annessi insieme al resto dei beni alla commenda mauriziana. Il complesso si presenta con gli edifici rurali disposti ordinatamente attorno a cortili regolari, compresa la facciata del ‘400 dell’ospedaletto con ghimberga in cotto e lunghi pinnacoli. Poi il campanile gotico con bifore e cuspide ottagonale della seconda metà del XIV secolo su un precedente di fine XII secolo. Nell’atrio sono conservati resti di affreschi del Quattrocento, di cui uno rappresenta il Trasporto delle reliquie di s. Antonio nel Delfinato ed uno, pertinente ad una delle volte quattrocentesche tagliate, con la Guarigione miracolosa operata dallo stesso Santo. Quest’ultimo affresco, insieme all’altra decorazione di volta staccata, che rappresenta l’Apparizione di figure demoniache a s. Giuseppe e alla Madonna, sarebbe da attribuirsi alla stessa bottega itinerante che avrebbe decorato la volta del Battistero di Parma.
L’interno si presenta eterogeneo, con due navate separate da pilastri polistili, ci sono poi le cappelle con archi ogivali, di cui l’ultima della navata destra è dedicata a s. Biagio, affrescata con le storie del Santo tra il 1410 ed il 1420 da Giacomo Jaquerio, che ha decorato anche la parte quattrocentesca del presbiterio ad eccezione delle due lunette trecentesche. Sulla parete di destra si trovano Cristo nel sepolcro con i simboli della Passione e la storia di s. Antonio, compreso il dono dei maialetti al Santo da parte di contadini: originariamente, infatti, il fuoco detto di s. Antonio veniva curato con applicazioni di grasso di maiale. Ecco spiegato perché nell’iconografia del Santo sono associati.
Sull’altare maggiore si trova un pentittico di Defendente Ferrari, datato al 1531, commissionato della città di Moncalieri durante una pestilenza, con scene della vita di s. Antonio, Natività, Santi vari e scene evangeliche: presenta forti effetti decorativi, sensibilità per l’eleganza della linea e per il bel colore. Dalla chiesa si passa direttamente in sagrestia, affrescata anch’essa dallo Jaquerio con storie della vita di Cristo ed un originale zoccolo in finto marmo.
Poco resta di un piccolo chiostro a tre areate romaniche di fine XV secolo, oltre a pochi setti murari e resti di volte a crociera nervate. Il monastero, riattato quasi completamente all’inizio del ‘700, fra i resti più antichi conserva un affresco di metà ‘400, forse opera del Jaquerio, con Crocifisso, Maria e i santi Giovanni e Sebastiano con l’arcangelo Michele che presenta l’offerente, da identificare con quel Montchenou già citato.