L’ufanerìa è poi l’ostentazione esagerata o delle proprie ricchezze o del proprio potere o delle proprie qualità e, soprattutto, delle proprie amicizie.
I Salentini sono saccenti, millantatori, spocchiosi, megalomani, vanitosi, ufàni insomma, e perciò gran bella gente: il viaggiatore verrà subito coinvolto, incluso in questa grande, enfatica e ampollosa placenta di sicurezza, e si sentirà come a casa propria.
HOMO LUPIENSIS – L’ufàno e l’ufaneria
25/07/2013
redazione ToriNovoli 13 marzo 2012
Allorquando si parla di una popolazione, facilmente si scade in generalizzazioni stereotipe, in luoghi comuni talmente generici da risultare sostanzialmente sbagliati: i Genovesi sono tirchi, i Napoletani si arrangiano, i Romani sono spacconi e fanno caciara, e così via.
Anche in questa guida abbiamo fatto ricorso ai luoghi comuni sul popolo salentino, li abbiamo talvolta addirittura accentuati: la prima ragione sta nel fatto che comunque la complessità antropologica di un popolo comprende anche quei cliché, e la seconda nel fatto che la nostra intenzione è di provocare una reazione di dissenso (anche di indignazione, se qualcuno ce ne volesse onorare) che consente di mettersi in discussione.
I Salentini sono ufàni, quasi tutti, e la peculiarità più propria del loro carattere è l’ufaneria.
La parola proviene dallo spagnolo ufano, orgoglioso, e ufaneria significherebbe dunque orgoglio. In realtà, il significato attuale si è molto allontanato da quello etimologico; Gerhard Rohlfs (grande filologo tedesco che alla metà del Novecento ha molto operato da queste parti e ci ha lasciato un ancora insuperato Vocabolario dei dialetti salentini) ha tradotto con vanitoso, che non è sbagliato ma è categoricamente insufficiente; d’altro canto, il Rohlfs è un inconfutabile dialettologo ma non era salentino, e non poteva cogliere le tante sfaccettature e sfumature che il vocabolo possiede.
In primo luogo, l’ufaneria è l’eccessiva autostima dei Salentini, i quali credono di saper tutto e di saper fare tutto; chiedete a uno di essi la strada più breve o più veloce per raggiungere Cannole, o Morigine: a meno che non viva vicino a una di quelle località, il vostro interlocutore quasi sicuramente non è in grado di rispondervi correttamente, e ciononostante vi erudirà in maniera precisa e rassicurante sul percorso; se ponete la stessa domanda a un secondo indigeno, troverete la stessa rassicurante precisione e una indicazione diversa. Oppure chiedetegli qual è un buon ristorante del luogo, e ve lo indicherà con pari certezza, pur non essendoci mai stato; e se disquisirete di agrumi non capirete mai se chi vi sta di fronte è un esperto agrumicoltore oppure non solo ignora cos’è il melangolo ma non distingue un mandarino da una clementina; non domandategli l’epoca di un palazzo o di una chiesa, perché ve la dirà ma probabilmente non la conosce. In definitiva, i Salentini sono ufàni in virtù della alta considerazione che hanno di sé.
L’ufaneria è poi l’ostentazione esagerata o delle proprie ricchezze o del proprio potere o delle proprie qualità e, soprattutto, delle proprie amicizie. Il Salentino e, soprattutto, la Salentina della società bene acquistano nelle boutique, vi informeranno con nonchalance che il foulardino è di Dior, con nonchalance che loro la barca preferiscono ormeggiarla a Corfù («Sa, cara, le tasse… E poi, la gente è invidiosa… Meglio essere discreti»), che la gran parte dei bagni li prendono a Castro, la loro villa ha una discesa privata al mare…