Matera capitale della Cultura 2019

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Elezioni comunali

Matera capitale europea della cultura 2019, parte la corsa per chi gestirà i fondi

Si vota per il sindaco nella città che nel 2019 sarà capitale della cultura. ?Chi vince gestirà la montagna di soldi stanziati per l’evento. Che fanno gola

di Roberto Di Caro

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Matera capitale europea della cultura 2019, parte la corsa per chi gestirĂ  i fondi

Vinta la gara per diventare Capitale europea della cultura 2019, succede nell’arena politica di Matera ciò che si ripete ogni 2 luglio in piazza Vittorio: lo “strazzo” del carro. Alla Festa della Bruna i cittadini s’avventano sull’impalcatura in cartapesta ove hanno portato la Madonna in giro per la città e in un paio di minuti la smembrano per prendersene un pezzo, auspicio di rinascita e buona sorte.

Con ugual foga, alle prossime comunali del 31 maggio una trentina di liste, fino a nove per coalizione, e la bellezza di 800 candidati su 59 mila abitanti, vanno invece all’assalto dei 50 milioni di euro di fondi in arrivo, 100 e passa se ci si mettono gli investimenti per strade e ferrovie: il sindaco è infatti per statuto anche presidente della Fondazione nata per organizzare l’appuntamento di qui a quattr’anni.

La partita politica ha aspetti stupefacenti e bislacchi, di cui diremo. Ma la vera sorpresa è Matera. Quanto è cambiata nell’ultimo decennio. Come la sua rinascita non sia una chimera appesa ai soldi che arriveranno, ma un processo già in corso, con le strutture di accoglienza raddoppiate in quattr’anni e sempre piene, il fiorire d’iniziative e l’aria che respiri tra la folla di turisti da mezza Europa.

E' Matera la capitale europea della Cultura 2019

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Altra storia dallo stereotipo con cui la si continua a descrivere, l’antro da inferno dantesco di “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi o la desolata Galilea dei film qui girati, dal “Vangelo secondo Matteo” di Pasolini 1964 a “The passion” di Mel Gibson fino ai due in uscita, “Ben Hur” e “Christ of the Lord”: semmai su Pasolini hanno costruito una visitatissima mostra, e del cinema stanno facendo una piccola industria.

Ti imbatti in un fermento minuto e diffuso. Tra i Sassi (un “cielo rovesciato” quando li guardi dall’alto e s’accendono i lumi, abitati dal neolitico, sfollati nel ’52, restaurati dall’81, patrimonio Unesco dal ’93) pullulano ora localini, negozi, cantastorie, artigiani e b&b, in quelle che erano poverissime abitazioni e nobili palazzi per metà scavati nella roccia e per metà costruiti.

«Obbrobrio della nazione, come la definì De Gasperi, Matera ha saputo riscattarsi mantenendo il senso della sacralità dei rapporti e il respiro di una piccola comunità», dice bene l’arcivescovo Salvatore Ligorio, che ha affidato ai ragazzi di una cooperativa la cura delle chiese rupestri, dagli affreschi i cui colori s’accendono quando piove e la pietra trasuda.

La Cattedrale, però, è in restauro dal 2003, e quest’altalena tra inventiva e inerzia la riscontri un po’ dappertutto. L’agroalimentare di qualità comincia a capire come esportare, ma il “polo del salotto”, marchi Calìa, Nicoletti, Natuzzi e un bell’indotto, dopo una quindicina d’anni s’è sgonfiato tra crisi, chiusure e delocalizzazioni.

Giri la sera di un dì di festa e in faccia alla chiesa romanica di San Giovanni Battista un concerto di musica elettronica chiude il primo Festival di architettura, seminari, corsi e cineforum, tutto gratis, sponsor cinque benemeriti negozi, a organizzarlo il venticinquenne Antonio Loforese col collettivo Archival e l’iraniana Pegah Moshir: lei ancora studia, coordina la neonata Unione degli Universitari, fa volontariato e lamenta che i duemila studenti di Architettura, Turismo, Formazione e Beni culturali siano sparpagliati in varie sedi, con un fantomatico campus in costruzione da un decennio.

Scendi qualche passo e trovi sbarrato il Teatro Duni, gioiello d’architettura dopoguerra quando qui arrivò anche Adriano Olivetti: nel 2019 compirebbe settant’anni ma il gestore non ce la fa, le amministrazioni non trovano una via d’uscita, come fai una Capitale della cultura senza neanche un teatro? Qualche centinaio di metri e arrivi a Palazzo Lanfranchi, secentesco seminario ora Museo d’Arte medioevale e moderna, collezioni appena risistemate dal Rinascimento fino alle donne Novecento di Angelo Brando.

Qui Marta Ragozzino, direttore del Polo museale della Basilicata, ti racconta che lei molte opere le porta per un giorno in abitazioni private e lì le spiega, e alla casa di riposo, e persino dai pazzarielli del Centro d’igiene mentale. Che giri, la bellezza, si faccia conoscere e amare: «Il 2019 non può essere un cartellone di eventi, deve far emergere e maturare la scena creativa locale incrociandola col resto del mondo». In soldoni, residenza temporanea, Open design school, museo demo-etno-antropologico, la quarta sede dell’Istituto nazionale del Restauro già dall’anno prossimo.

E qui entra in scena la politica. Con i suoi progetti, certo, mica è tutta melma. Ma anche le sue beghe, ripicche e calcoli di bottega. E i suoi blocchi di interessi, rappresentati da questo e quel candidato.

Il sindaco Salvatore Adduce, storia Pci fino al Pd, è l’uomo della vittoria: ha mobilitato la città, scelto persone giuste per promuovere la candidatura, convinto i commissari europei. Ora puntano a fargli fare la fine di Churchill, che vinse la guerra e perse le elezioni. «Impresa, investimenti, ferrovia, l’autostrada fino a Gioia del Colle, questo serve, altro che le capriole festaiole del sindaco», spara l’ottantenne avvocato Raffaello De Ruggieri, figura storica della rinascita culturale di Matera dal ’59 in cui fondò ai Sassi il Circolo La Scaletta: candidato con nove liste civiche, «tre di una destra in diradamento, tre di sinistra, parte dei renziani inclusi», il suo grande sponsor è Angelo Tosto, padrone della tv locale e del call center Datacontact, sconfitto da Adduce nel 2010 per un pugno di voti.

«È l’ora di un’iniezione di imprenditorialità, il mondo dell’impresa deve poter fare la sua parte: business, certo, io quello rappresento», proclama l’altro candidato Angelo Tortorelli, presidente della Camera di Commercio: delle sue quattro liste civiche, due le ha montate Nicola Benedetto, industria metalmeccanica e ricettività alberghiera, entrambi con Marcello Pittella, Pd, presidente della Regione dal novembre 2013.

Ma come, hanno chiesto a Pittella, tutti questi Pd in lizza contro il sindaco Pd, e neanche li espellete? Eh, mica comminiamo ergastoli noi, ha risposto. «A metà aprile», chiosa il sindaco Adduce, «è venuto all’università Zygmunt Bauman a spiegarci la società liquida. Ma a noi l’acqua ci passa tra le dita, con una destra liquefatta che corre sotto le ali di Tosto e De Ruggieri, e un Pd che trova normale sbriciolarsi su ambizioni personali e ballerini equilibri in Regione». Il fiume di quattrini? «Gli investimenti sulle infrastrutture, strade e ferrovie, mica li gestiremo noi! Certo, si macinerà economia, il boccone è ghiotto ed è partito l’assalto all’arma bianca. C’è da riqualificare e ricucire la periferia con servizi, verde e orti urbani, decongestionare certe aree anche abbattendo qualcosa. Dovrebbe far gola ai costruttori, ed è bene così».

Sul mattone è scontro. Attaccano i Cinque Stelle, che in città alle europee hanno preso il 27 per cento e sperano di arrivare al ballottaggio, poi tutto può succedere. Il loro candidato Antonio Materdomini, 38 anni, amministratore d’immobili, ti porta a vedere prima i quartieri modello disegnati da Quaroni, Aymonino, De Carlo negli anni Cinquanta per gli sfollati dai Sassi, poi gli obbrobri anni Novanta sotto giunte di destra e sinistra, palazzoni del fantomatico Centro direzionale, speculazioni su all’Aquarium, niente alberi, scuole, negozi, vie strozzate: «Matera è una città in mano a tre o quattro costruttori legati ai partiti. Noi vogliamo bloccare il consumo di suolo».

Le schifezze stanno lì, pure Filippo Bubbico, ex-presidente della Regione ora viceministro degli Interni, le definisce «aggregati informi senza qualità». Ma lui i costruttori li difende, sbuffa contro «la retorica antimattone», sbotta a sentir ripetere (anche Renzi a Genova) che Matera è l’unico capoluogo senza Ferrovie dello Stato: «Che me ne faccio, non le voglio, si rendano piuttosto efficienti le Appulo-lucane», a scartamento ridotto, oggi orari balzani e chiuse il weekend. L’assalto al carro 2019? «Ma qui si spendono cifre ben più consistenti, e non da oggi! Comunque, nessun meccanismo straordinario, alla Fondazione spetta l’alta regìa e la visione strategica, sarebbe un grave errore lasciarle gestire tutto». Sì, ma i lavori? «A una stazione unica degli appalti, a Potenza o a Roma poco m’importa». Purché non finisca tutto nelle mani degli strazzacarro.