HOMO Novis ufano -ufanità -ufaneria-Novulum ufaneria ufano -ufanità-Noulinu ufanu-ufanità – ufaneria/L’ufàno e l’ufaneria lautostima e lorgoglio dei Novolesi

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Alceo Salentino

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HOMO LUPIENSIS – L’ufàno e l’ufaneria

25/07/2013

Rivista: Alceo Luglio 2013

Allorquando si parla di una popolazione, facilmente si scade in generalizzazioni stereotipe, in luoghi comuni talmente ge­nerici da risultare sostanzialmente sbagliati: i Genovesi sono tirchi, i Napoletani si arrangiano, i Romani sono spacconi e fanno caciara, e così via.
Anche in questa guida abbiamo fatto ricorso ai luoghi comuni sul popolo salentino, li abbiamo talvolta addirittu­ra accentuati: la prima ragione sta nel fatto che comunque la complessità antropologica di un popolo comprende anche quei cliché, e la seconda nel fatto che la nostra intenzione è di provocare una reazione di dissenso (anche di indignazione, se qualcuno ce ne volesse onorare) che consente di mettersi in discussione.
I Salentini sono ufàni, quasi tutti, e la peculiarità più propria del loro carattere è l’ufaneria.
La parola proviene dallo spagnolo ufano, orgoglioso, e ufaneria significherebbe dunque orgoglio. In realtà, il significato attuale si è molto allontanato da quello etimologico; Gerhard Rohlfs (grande filologo tedesco che alla metà del Novecento ha molto operato da queste parti e ci ha lasciato un ancora insuperato Vocabolario dei dialetti salentini) ha tra­dotto con vanitoso, che non è sbagliato ma è categoricamente insufficiente; d’altro canto, il Rohlfs è un inconfutabile dia­lettologo ma non era salentino, e non poteva cogliere le tante sfaccettature e sfumature che il vocabolo possiede.
In primo luogo, l’ufaneria è l’eccessiva autostima dei Salentini, i quali credono di saper tutto e di saper fare tut­to; chiedete a uno di essi la strada più breve o più veloce per raggiungere Cannole, o Morigine: a meno che non viva vicino a una di quelle località, il vostro interlocutore quasi sicuramente non è in grado di rispondervi correttamente, e ciononostante vi erudirà in maniera precisa e rassicurante sul percorso; se ponete la stessa domanda a un secondo indigeno, troverete la stessa rassicurante precisione e una indicazione diversa. Oppure chiedetegli qual è un buon ristorante del luo­go, e ve lo indicherà con pari certezza, pur non essendoci mai stato; e se disquisirete di agrumi non capirete mai se chi vi sta di fronte è un esperto agrumicoltore oppure non solo ignora cos’è il melangolo ma non distingue un mandarino da una clementina; non domandategli l’epoca di un palazzo o di una chiesa, perché ve la dirà ma probabilmente non la conosce. In definitiva, i Salentini sono ufàni in virtù della alta consi­derazione che hanno di sé.
L’ufaneria è poi l’ostentazione esagerata o delle proprie ricchezze o del proprio potere o delle proprie qualità e, so­prattutto, delle proprie amicizie. Il Salentino e, soprattutto, la Salentina della società bene acquistano nelle boutique, vi informeranno con nonchalance che il foulardino è di Dior, con nonchalance che loro la barca preferiscono ormeggiarla a Corfù («Sa, cara, le tasse… E poi, la gente è invidiosa… Meglio essere discreti»), che la gran parte dei bagni li prendono a Castro, la loro villa ha una discesa privata al mare…

La borghesia salentina possiede grandi barche, da 20, 30 metri, che compaiono d’estate nei porticcioli di Gallipoli, Tricase, Otranto. Scendono al porto a metà mattinata il corteo del proprietario travisato da comandante con foulard e berretto d’ordinanza, degli amici, il dentista, l’avvocato, il giudice, il notaio, il bottegaio e l’assessore provinciale con tutte le signore in pareo, ampio cappello in paglia e la sporta con gli alimentari, e i mocciosi di chi non può avere in vacanza una tata; vociante e colorata la comitiva si sistema a poppa o a prua, e si parte: percorrenza massima, da Gallipoli a Santa Maria di Leuca, miglia marine 18. Appena al largo, sosta per il bagno, e tutti giù in acqua. Qualcuno, attrezzato di tutto punto come per una battuta agli squali, si avventura nella pesca subacquea poco sub: non oltre i 3 metri, e dopo qualche ora di esibizione rientra a bordo con un saraghetto di 10 cm, che deve subito ributtare in acqua perché a bordo nessuno vuole quel cadavere. A Santa Maria di Leuca frisa con i pomodori («Non mi sporcate d’olio i cuscini!») e poi mesto ritorno a Gallipoli, distrutti dal sole; sul molo i saluti («Ci vediamo questa sera per la spaghettata da Ferdy»; «No, non da Ferdy: Francy s’è beccata la rosolia; si va da Tony»).
Una volta all’anno la barca viene usata per il «viaggio»: si selezionano le due, tre coppie di amici con le quali non si è ancora litigato nel corso dei viaggi precedenti, si stabiliscono i criteri di suddivisione delle spese, si studia l’itinerario, i venti e le correnti, e si parte: la meta? Be’, ovviamente sempre quella, Corfù. E lì ritrovi gli amici dell’inverno, i vicini di casa, i colleghi d’ufficio e il salumiere di fiducia: che bello, sembra di essere a casa.
L’ufaneria è l’esibizione delle amicizie, le conoscenze, le relazioni: «Come, commendatore, ha preso una multa dalla stradale? Ma non si preoccupi, commendatore, me la dia, ci penso io. Sa…». «La signora accusa dolori all’addome? Oh, non sono cose da trascurare; aspetti, conosco il primario dell’ospedale, gli telefono subito». «La ragazza ha avuto una delusione amorosa e non ha potuto studiare? Oh, Clara, non possiamo farle perdere la sessione, e poi va incoraggiata… Telefono ora stesso al preside di facoltà …».
Non si scoraggi, il viaggiatore, se non riesce a prenotare al ristorante o se l’automobile gli dà problemi proprio di domenica: si rivolga con fiducia al cameriere dell’albergo che sicuramente conosce la cugina di un elettrauto o il collega del ristorante, e sarà ben lieto di esibire le proprie amicizie.
Un’altra, non ultima, manifestazione dell’ ufaneria è il tour de force quotidiano al quale le madri sottopongono i figlioli fin dai primi anni tra le attività artistico-sportive più varie: danza, musica, canto, ippica, pallacanestro, pallavolo, arti marziali, tra le quali i piccoli non si raccapezzano più: si son dati casi di bambini che, confusi dalla frenesia materna, hanno fatto esercitazioni di canto in groppa al cavallo e indossato stivali e frustino per l’ora di danza… In compenso, le genitrici possono esibire con le amiche la sfilza di attività svolte dai pargoli, i quali volentieri passerebbero il loro tempo a giocare con i coetanei.
I Salentini sono saccenti, millantatori, spocchiosi, megalomani, vanitosi, ufàni insomma, e perciò gran bella gente: il viaggiatore verrà subito coinvolto, incluso in questa grande enfatica e ampollosa placenta di sicurezza, e si sentirà come a casa propria.

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