Giacom Jaquerio fuit ista capela

Tutto cominciò con un ritrovamento casuale. Nel 1914, durante restauri commissionati dall’Ordine Mauriziano, proprietario del complesso dal 1776, furono rimossi gli stalli di un coro ligneo seicentesco addossati alle pareti dell’abside. Si scoprirono così parti di affreschi di cui si era persa memoria e, soprattutto, tornò alla luce una breve epigrafe in caratteri gotici, già allora frammentaria per una parziale abrasione, ma facilmente integrabile: (Picta) fuit ista capela p(er) manu(m) Jacobi Jaqueri de Taurino (“Questa cappella è stata dipinta dalla mano di Giacomo Jaquerio di Torino”). Era la prova che si cercava da tempo, anche se il nome di Jaquerio era già citato in altre fonti. 

Laffresco della sacrestiaLe parole “ista capela” indussero ad attribuire a Jaquerio o alla sua scuola tutti gli affreschi della chiesa e della sacrestia, e a datare la sua presenza a Ranverso attorno al 1430, quando cioè l’artista, morto quasi ottantenne nel 1453, aveva superato i sessant’anni. In realtà Giacomo Jaquerio vi avrebbe lavorato fra il 1396 e il 1406 e con la committenza per affrescare, come ha rivelato un documento scoperto di recente, le pareti attorno all’altare maggiore e le cappelle di San Biagio, della Maddalena e della Vergine. Non si parla, nel d