Quello che più mi ha colpito dello scritto è che è una vera e propria relazione, scaturita da un lavoro sul campo e a tavolino (bella anche la divisione in tre parti: relazione, luoghi visitati, ricette).
Mi sono permesso di trascriverla, annotarla e pubblicarla.
Federico Capone (27/12/2010)
Le “putee” di Lecce2
Nel centro storico di Lecce e nelle sue immediate vicinanze sopravvivono alcuni locali caratteristici chiamati nel nostro dialetto putee3 e adibiti alla vendita del vino e di alcuni piatti tradizionali a base di carne.
Questi locali si animano prevalentemente di sera e ripropongono rapporti arcaici, ormai scomparsi in altri luoghi di ritrovo. Il vino è il denominatore comune di tutte le attività della putea.; intorno ad esso troviamo tutta una tipologia di avventori affezionati: da quelli che preferiscono sedersi al tavolo ed insieme al vino assaggiare qualche pezzettu di carne di cavallo o qualche gnemmarieddhru4 di trippa, a quelli che si fermano presso il bancone a bere vino accompagnandolo con taralli e uova sode, a quelli infine, che si fanno solo lu mienzuquintu5. Spesso c’è anche chi mangia fettine o li pezzetti di cavallo nelle rosette di pane. È legato a questi ambienti anche l’uso delle carte napoletane con cui si gioca generalmente lu tressette, la scupa, la briscula.
Di solito la putea è situata in un unico grande locale a pianterreno. L’arredamento tipico consiste in un bancone, alcuni tavoli con sedie o scanni, e in una fornacetta o cucina economica. Il bancone è, quasi sempre, in pietra rivestito sui lati da piastrelle bianche e, superiormente, da una lastra di marmo in cui è inserito il tipico lavandino in rame (spesso il lavandino è ricavato nella stessa pietra del banco o foderato da piastrelle bianche). Sulla lastra di marmo trovano posto i boccali smaltati con cui si usa ancora servire il vino, e i bicchieri di vetro poggiati a sgocciolare in un grande piatto in ferro smaltato (non è più in uso lu cuperchiu de piatta: disco in terracotta con fori usato dai vinai come scolabicchieri).
È caratteristica di ogni putea la vetrinetta, posata su un angolo del banco, in cui sono esposti i piatti freddi: uova sode, pesce fritto, ecc.
Normalmente vicino al banco si trovano li capasuni in creta e le utti contenenti il vino; nella stessa stanza, non lontana dal banco, è quasi sempre situata la zona cucina, che consiste in un cucinino a gas posto su un tavolino. È ormai rarissimo trovare qualche cucina economica a carbone, una volta assai diffusa. È ancora in uso, invece, appendere al muro le pentole e le padelle. I vecchi scanni di legno senza spalliera sono stati sostituiti da comuni sedie, in ferro e fòrmica e, spesso, li si trovano accantonati in un angolo.
Gli oggetti e gli arredamenti di una volta erano in terracotta (brocche, piatti), in legno (scanni, tavoli), in ferro smaltato e vetro, ma questi materiali sono stati quasi del tutto soppiantati dalla plastica e dalla fòrmica. Stessa sorte hanno avuto le fornacette a carbone, smantellate e sostituite dalle cucine a gas.
Intendiamo sottolineare questo fenomeno come deleterio, non per fare il lamento del purista, ma per far notare il nocivo, secondo noi, influsso di certi modelli di progresso per cui alcuni oggetti sono stati sostituiti in funzione di una certa comodità, non bilanciata da un’adeguata comodità.
Artigiani, bottegai, operai, sono gli abituali frequentatori di questi locali; le putee permettono loro di rimanere legati a certe tradizioni profondamente diverse da quelle dei nuovi ritrovi (bar, sale da gioco, discoteche).
Si chiacchiera, ci si sfida a carte, si beve, si mangia un boccone attorno ai tavoli o appoggiati al bancone e si dimenticano il lavoro e i problemi quotidiani in compagnia degli amici6.
Quasi tutte le pietanze servite nelle putee sono ormai in disuso o addirittura scomparse dalle tavole delle famiglie, dalle trattorie e dai ristoranti e si possono trovare solo in questi locali. È da dire comunque che nelle putee il cibo è più un pretesto per bere e accompagnare il vino che per soddisfare una vera e propria fame.
Tra i piatti caldi il più caratteristico è quello dei pezzetti: pezzi di carne di cavallo al sugo. Molto saporiti sono anche gli altri piatti quali: gli gnemmarieddhri, particolari involtini ricavati dalla trippa; il fegato di maiale cotto in tegame con la cipolla o arrostito con la zzippa; le fettine di carne di cavallo arrostita alla brace; la trippa a tocchetti, cotta nella propria acqua; le polpette di carne di cavallo, prima fritte e poi cotte nella salsa di pomodoro; gli involtini di carne ripieni di mortadella, uova sode, aglio, prezzemolo tritato; la matriata, budello del vitellino da latte e infine la salciccia di maiale, generalmente arrostita.
I piatti freddi esposti nelle vetrinette sui banconi sono: pesce fritto (sarde o pupiddhri); calamari fritti; polpo lesso; pittule, pezzi di baccalà impastati nella pasta lievitata e fritti; lingua di vitello lessata; muso di maiale lesso, cioè una parte della testa del maiale lessata e condita con limone, sale e pepe. E ancora poi peperoni arrostiti, melanzane arrostite con l’aceto e la mentuccia, filetti di alici all’olio serviti assieme ai carciofini sott’olio. Il muso e i pezzetti possono essere gustati stando in piedi, presso il banco o, come si usa dire alla furcina.
Spesso nella vetrinetta è anche posto il caratteristico boccaccio in vetro dei taralli e la coppetta con le uova sode.
In questi ultimi anni le putee sono state emarginate dal contesto della vita attiva. Come già abbiamo detto la loro natura è stata superata da altri ritrovi. Tuttavia riscontriamo un rinnovato interesse dei giovani nei confronti di questi locali, ove sono attirati dalla possibilità di avere nuovi contatti umani, di fare nuove esperienze, di avere un rapporto diverso col cibo e di provare dei piatti leccesi ormai in disuso presso le famiglie. Inoltre, e non è poco, il prezzo delle consumazioni, se così vogliamo chiamarle, è molto contenuto.
A questo punto, crediamo necessario, perché non si falsino i motivi e i fini del nostro interessamento per le putee, spiegare che il nostro non vuole essere un discorso di élite, in cui la putea si riduce ad un oggetto di studio; in poche parole, non ci interessa un recupero di questi locali a livello di riscoperta in chiave consumistica, così come di moda oggi.
Il nostro intento è stato solo di descrivere questo mondo così come è. Con la speranza che l’eventuale partecipazione non diventi una ricerca di emozioni epidermiche (il turismo consumistico alla ricerca del buon selvaggio insomma!). La putea, secondo noi, non è qualcosa che si possa sfruttare turisticamente sul centro storico -che molte volte nascondono fini poco chiari- si inserisse anche il discorso delle putee, sfatando il pregiudizio che le vuole luogo di riunione per ubriaconi e perdigiorno7.
A conclusione di questo breve articolo riportiamo l’elenco delle putee che abbiamo visitato8 con i cibi che in esse si possono trovare. In esso alcune putee hanno come indicazione solo la via, non avendo esse un nome specifico. L’elenco è completato da due cartine rappresentanti due zone del centro storico leccese in cui sono segnalate le putee più conosciute e più caratteristiche. Infine, ci è piaciuto inserire le ricette di alcuni dei piatti che si possono mangiare in questi locali.l