Esiste un ‘Ex Voto nella Chiesa Abbaziale di Sant’Antonio di Ranverso con fede e devozione voluto dal Monsignor Italo Ruffino , Aldo Andreis , Ersilio Teifreto, Teresa Ponzetto ecc…sull’altare maggiore si può visitare una statua in legno del Santo del deserto costruita nel 1530 da uno scultore Francese ai suoi piedi compare un piccolo cinghiale.

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autore Ersilio Teifreto

Esiste un ‘Ex Voto nella Chiesa Abbaziale di Sant’Antonio di Ranverso con fede e devozione voluto dal Monsignor Italo Ruffino , Aldo Andreis , Ersilio Teifreto, Teresa Ponzetto ecc…sull’altare maggiore si può visitare una statua in legno del Santo del deserto costruita nel 1530 da uno scultore Francese ai suoi piedi compare un piccolo cinghiale.

Folklore. – Le reliquie di sant’Antonio sarebbero state ritrovate nel 561 e portate ad Alessandria, quindi a Costantinopoli: finalmente nel sec. XI in Francia, dove durante l’epidemia di peste (fuoco sacro) molte persone sarebbero state guarite miracolosamente dalle reliquie o dall’intervento del santo. Da ciò il nome di fuoco di S. Antonio, com’è chiamato ancora volgarmente l’erpete zoster o zona. E il fuoco benedetto di sant’Antonio, cioè quello prelevato dai falò accesi in suo onore, è oggetto di devozione, per la qual cosa molti popolani ne portano a casa qualche tizzo.

Sant’Antonio segna nel calendario popolare il principio del carnevale. Al mattino del 17 gennaio ogni proprietario di capre o pecore, di buoi o cavalli, mena il suo bestiame davanti alla chiesa del taumaturgo, per la benedizione; e sul far della sera, o della sera precedente alla festa, e in qualche luogo anche prima e per più giorni di seguito, comitive di fanciulli e di adulti accendono numerosi falò sulle strade, con legna raccattate. In qualche luogo, nel pomeriggio della vigilia, sant’Antonio (un uomo imbacuccato in un camice, con barba di stoppa, mitra di carta e bordone con campanello) va in giro per l’abitato, seguito dal diavolo, il suo nemico tentatore, e da un’allegra brigata di devoti, di cui alcuni suonano ed altri cantano la leggenda dei suoi miracoli, sostando di soglia in soglia. In molti comuni si usa tuttavia, come nel Medioevo (e varî statuti ne fanno fede), allevare il “porco” o “porcellino di S. Antonio”, che poi si vende per far le spese della festa.

Sant’Antonio abate è nel concetto popolare di varie regioni d’Italia il santo che aiuta l’uomo nelle tribolazioni, vendica le donne calunniate, fa da confidente alle fanciulle; e nelle leggende è rappresentato come un vecchio che da buon popolano vive del suo lavoro, in una capanna, col porcello, tormentato dal demonio, che talvolta lo fa montare in bizza. Questo particolare fa rilevare quanto sia inesatta l’opinione di chi pretende vedere nel maiale, preso come simbolo della lussuria, l’incarnazione del diavolo. Non meno infondata è l’opinione per la quale si vorrebbe ravvisare nel fuoco rituale di S. Antonio un ricorso o un travestimento del mito di Prometeo. Infatti le ricorrenze in cui figurano le fiammate, oltre quella del nostro santo, sono numerosissime.

autore Ersilio Teifreto devotissimo al Santo eremita