Ripartiamo da Sant’Antonio di Ranverso. Topi, insetti, polvere e incuria… l’abbandono del Luogo di Culto. 

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  • Ripartiamo da Sant’Antonio di Ranverso– 
  • Una ricerca sul campo di alcuni studenti dell’università Torinese hanno raccontato come è ridotto il Pronao della Chiesa il più importante patrimonio di tutto il concentrico di Sant’Antonio di Ranverso.
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Topi, insetti, polvere e incuria… l’abbandono del Luogo di Culto.

di Ersilio Teifreto
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La Chiesa fu ceduta  in comodato d’uso con Bolla di Papa Pio VI il 17 Dicembre  1776 all’Ordine dei Santissimi Maurizio e Lazzaro  Mauriziano diventandone per Vincolo i Custodi dell’Abbazia una targa in legno storica all’ingresso della Chiesa lo testimonia. Aldo Andreis per circa 40 anni ha fatto da Custode all’abbazia proteggendola,  tenendola pulita  con deratizzazione, dopo i restauri della parte elettrica già rosicchiata dai topi nel 2017 l’incarico fu dato alla cooperativa che attualmente gestisce l’afflusso dei visitatori nella Chiesa Museo Religioso, curando i segnali di allarme , una illuminazione moderna che protegge le opere pittoriche,  fa entrare aria  aprendo porte, finestre e ingressi. Ma la Chiesa e il Pronao hanno una questione  aperta con i topi. Le scatole per esca sono a vista nel Pronao, pure belle robuste, stanno un po’ dappertutto. Una di queste è appoggiata ali’ingresso dietro i totem esplicativi  come biglietto da visita. Teniamo a precisare che la Cooperativa  fa di tutto per non   abbandonare  a sé stessa la Chiesa. Ricordiamo che prima  c’era  un’impresa che puliva lavava, igienizzava  e spolverava ecc…. Oggi infatti tutto va avanti solo grazie alla buona volontà dei nuovi Custodi dell’Abbazia  che oltre  il loro lavoro fanno di tutto per rendere il luogo  almeno presentabile. A raccontare cosa è diventato oggi la Chiesa Museo Religioso di Via Sant’Antonio di Ranverso Comuni di Rosta e Buttigliera Alta che ignorano la situazione nel periodo di Natale 2020 non vediamo nessun Simbolo illuminato come si faceva ai tempi di Aldo Andrei e il Mons. Italo Ruffino devotissimo al Santo del deserto.

Le testimonianze virtuali rilasciate  da un gruppo di studenti del corso di laurea magistrale in conservazione e restauro dei beni culturali dell’Università di Torino  che all’inizio di quest’anno 2020, prima che tutto chiudesse con il Covid, hanno rigirato il civico 30/36 come un calzino e studiato l’ambiente museale da capo a piedi. Allestimenti, illuminazione, stato di conservazione delle opere e monitoraggio entomologico, ossia dispositivi per controllare gli infestanti. In sintesi, per capire se in giro ci sono insetti. E nella Chiesa  Museale Religiosa , a quanto pare ci sono pure. Non è certo l’invasione delle cavallette e Api , ma se non si fa da subito argine,  poi alla fine arrivano.

 

 

L’obiettivo dello studio “è stato quello – spiegano gli studenti nel report dedicato all’ambiente Chiesa Museale Religiosa – di individuare i fattori di pericolosità legati alle caratteristiche ambientali, strutturali e di gestione di sale espositive, al fine di sviluppare metodologie atte a migliorare le condizioni conservative dei beni”.

Ersilio Teifreto devoto a Sant’Antonio Abate