PREISTORIA SALENTINA/ Novoli fase Pleistocenica selce grotta cardamone selce, larco della patria di Novoli abbattuto, il palazzo baronale, il teatro illuminato,centro storico, cupola rara ottagonale

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PREISTORIA SALENTINA
E MUSEO « GINO STASI » DI MAGLIE
Della civiltà che nel corso dei secoli si sviluppò nella Penisola Salentina.
possono ritenersi attendibili alcuni dati dell’archeologia, della linguistica, della
toponomastica, della tradizione, della religione.
Le testimonianze della sua ascesa, dalle tenebre della barbarie alla luce della
vita progredita, sono numerose, sin dai tempi della preistoria, del paleolitico,
quando l’uomo in particolari condizioni climatiche traeva nutrimento dalla caccia,
dalla pesca, dai prodotti spontanei del suolo e lavorava rozzamente la pietra
dura, per ricavarne armi, raschiatoi, lamelle, poliedri: fu quello il periodo dal
clima caldo, caratterizzato da una fauna di pachidermi, elefanti, ippopotami, rinoceronti,
seguito poi, da quello freddo, dai lunghi e rigidi inverni, con una fauna
ricca di volatili, di quadrupedi tra cui il cervo, la lepre, la volpe, lo stambecco,
il bue, l’uro, il cavallo.
L’uomo degli antichi tempi, qui si organizzò, abitò prima le grotte, poi nelle
vicinanze delle acque dove elevò capanne di pertiche e frasche, sviluppò un’industria
fittile, costruì strumenti litici, accette di arenaria, di quarzite, asce di calcare,
raschiatoi, punteruoli, stecche e utilizzò persino le conchiglie che forò ed usò
come collane per proprio ornamento, e con freccie ovali, triangolari, con pietre
a fionda aumentò ogni suo potere di difesa e di offesa.
Certamente, la nostra penisola fu abitata stabilmente prima del Neolitico,
cioè prima dell’età della pietra che scheggiata, in un secondo momento levigata,
doveva aprire il periodo vero della civiltà umana, portando gli uomini a fabbricarsi
armi ed arnesi perfetti, ad allevare animali domestici, a praticare razionalmente
l’agricoltura, realizzare costruzioni monumentali.
Stazioni importanti, neo ed enolitiche, vale a dire di una civiltà che si protrasse
oltre il 2000 a. C., furono il Pulo di Molfetta, la Valle del Vibrata sul
Gargano, Punta del Tonno a Taranto, Torre Testa e Punta Guacito a Brindisi,
la grotta dell’Erba di Avetran a, la Grotta della Zinzulusa, quella Romanelli, del
Diavolo, del Presepe di Sant’Angelo l’Uluzzu di Nardò, del Cavallo presso Santa
Caterina, della Madonna in Presicce, del Focone di Ugento, della Grotta delle
Veneri a Parabita tutte sulla costa o nel cuore della Penisola.
E’ difficile stabilire a quale razza i nostri avi appartenessero, ma non è da
escludere la continuità del lontano loro insediamento in queste contrade, anche
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LUPUS – FRAMMENTI DI MANDIBOLA – OMERI – ULNE – FALANGI – MAGLIE S. SIDERO
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ELEPHAS PRIMIGENIUS – MAMMUT – OMERO SINISTRO – NOVOLI CARDAMONE
se le recenti scoperte non hanno risolto il problema delle origini. Bernardo Brea.
soprintendente alle antichità della Sicilia orientale, al Convegno della Magna
Grecia, tenutosi a Taranto nel 1961, parlando della ceramica con incisioni a secco
e motivi geometrici, rinvenuta nella Grotta Sant’Angelo di Ostuni, asserì nella
relazione che tenne su « Il neolitico e l’inizio della civiltà dei metalli nell’Italia
meridionale » che tale ceramica meglio s’identifica con uno stile di Ostuni se
vogliamo stare agli esempi più belli e più numerosi che ci sono pervenuti da quella
stazione ». Da quell’importantissimo stanziamento umano sono emerse, infatti
strutture varie di pietra lavorata, manufatti silicei, asce levigate, scalpelli, cuspidi,
lame, oltre la ceramica incisa, ocre rosse e ceramica figulina: era perciò, un
centro di vita comunitaria di civiltà mediterranea, avanzata dell’eneolitico, proprio
nel periodo in cui, secondo T. E. Peet, la Penisola Salentina diveniva per
le vie del mare erede di una civiltà legata a quella di Creta e dell’Egeo.
Giro Drago, che in quella Grotta diresse í lavori di scavo, riuscì ad arricchire
col materiale rinvenuto la seconda sala del Museo Nazionale di Taranto. Nel
« Contributo alla Carta archeologica della Puglia » scriveva, nel lontano 1933:
« E’ già molto, ma io credo che ci si avvicinerà sempre più al vero, se lasciata
la parte ogni idea d’invasione a veri plotoni affiancati, daremo maggiore giusta
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If
e credo doverosa importanza agli indigeni, di razza originariamente mediterranea
e:he, per gli influssi ed i contatti di varie genti capitate, senza dubbio nella pingue
regione, vennero ad acquistare, col sorgere dei secoli, varie facies del tuttn,
caratteristiche, per quanto subordinate ad influssi stranieri.
Non si può cancellare con una invasione, più o meno agguerrita, tutta la
vita di un popolo indigeno, anteriormente esistito e padrone di una sua civiltà;
ed io penso, pur ammettendo varie immigrazioni, o meglio questi vari contatti,
forse, semplicemente commerciali, che il substrato sia rimasto pur sempre quello
già esistente ».
« Il troglodita di Ostuni — scriveva anche Q. Quagliati in Japigia 1934 —
si manifesta industrioso e peritissimo nell’arte della lavorazione della selce: sa
trarne dai grossi nuclei lame di forte spessore, che riduce pianeggianti sul dorso
a colpi di scheggiatura e le inclina nei fianchi con la tecnica dei ritocchi per
assottigliarne i fili, sicché lo strumento potesse adoperarsi a mano come segan
o come scalpello.
E l’argilla è una riconferma dei rapporti « d’industria e cultura con gli strati
GROTTA DELLA ZINZULUSA – CERAMICA NEOLITICA
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la loro evoluzione sia da attribuirsi al contatto con le civiltà vicine del Mediterraneo
occidentale, oppure del mediterraneo orientale.
In gran parte della nostra Penisola l’arte rupestre c’indica un capitolo di
vita umana che si estende al Peloli tico superiore, tra i 28.000 e i 13.000 anni
fa; l’economia pastorale, forse, dai 5.000 anni a. C. si sviluppa con le prime
industrie legate alla tecnica della lama, cioè, della lavorazione di lame sottili staccate
da un nucleo di selce e giunge alle industrie microlitiche, strumenti geometrici,
microbulini ecc., per costruire la base industriale delle successive culture mesolitiche,
industrie largamente presenti in giacimento di Grotta Romanelli.
E per ampliare i limiti cronologici basta ricordare la Grotta Romanelli che
secondo Ettore Regalia « è, forse, dopo le caverne famose dei Balzi Rossi, il luogo,
di quanti se ne sono esplorati in Italia, che presenta riunito il maggior numero
di dati, e dati del maggior valore, attinenti all’antichità dell’uomo ».
Un esame d’insieme del Museo Paleontologico « Gino Stasi » di Maglie, superba
realizzazione del Gruppo Speleologico Salentino, inaugurata dall’On.le Prof.
Aldo Moro il 26 giugno 1966, c’induce a stabilire ulteriori elementi. Ci è possibile
ZANNA DI ELEPHAS ANTIQUUS
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GROTTA DEL DIAVOLO – LEUCA – PUNTA RISTOLA – VASI NEOLITICI
coevi del Materano (Serra d’Alto), con gli avanzi della industria di gente che
ebbe sensibilità artistica e spiccate tendenze alla decorazione ».
I proff. Vincenzo Fusco e Adriana Soffredi nella Grotta Sant’Angelo hanno
di recente trovato particolarmente interessante la presenza di Hyaena Crocuta,
che come è noto si è estinta prima dell’ultima glaciazione Wurm III e che
quindi ci riporta ad una fase pleistocenica non molto recente, nella quale sarebbe
logico veder associati reperti d’industria aurignaziana del paleolitico superiore
se non anche più antichi ».
Non soltanto la costa adriatica ma pure quella ionica della Penisola Salentina
rappresentano un grande deposito di resti fossili, di focolari sovrapposti, d’industrie
appartenenti ad una vita organizzata in grotte e persino in villaggi di
capanne su terraferma. Tuttavia gli elementi morfologici assai scarsi c’impediscono
di stabilire quali furono i primi con tatti culturali dei nostri antenati e se
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segnalare esistenti nelle teche per i limiti cronologici, dí un tempo enormemente
lungo, antecedente all’età storiche;
Teca I bos primigenius a clima caldo.
Teca II equus asinus a clima freddo, equus asinus, a clima freddo, equus caballus,
a clima caldo;
Teca III equus caballus di Cardamone, a clima freddo;
ASCIA NEOLITICA – OTRANTO LAGHI ALIMINI – GROTTA SACARA
Teca IV canini di Cardamone, a clima freddo; lupus e vulpis, a clima freddo;
Teca V cervidi: il corno di cervus corsicanus, una rarità; ed il cervus helaphus o
cervo reale, del periodo interglaciale, ricco di foreste;
Teca VI cervi;
Teca VI varie faune di Grotta Romanelli tra cui l’Alca impennis;
Teca VIII successioni umane, del paleolitico superiore, del neolitico, dell’eneolitico;
Teca IX cranio dell’uomo di Neanderthal; strumenti litici e calco del cranio Circeo
Primo, calco di mandibola di Mauer, ciottoli e scheggie clactoniane, i prodotti
più semplici dell’industria umana, più due amigdale clactoziane;
Provincia di LeCQ Me di ate ca – Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO – Lecce 2 ao
Teca X fossili bachidermi; sferoide di elefante antico, trovato a San Sidero (Maglie
a clima caldo;
Teca XI Elephas primigenius, mammut, a clima freddo; rhinoceros thicorinus;
vissuti in Europa sino alla fine del Pleistocene;
Teca XII felini a clima caldo, tasso, lince, ecc.; fauna minore, lepri ed altri roditori;
avifauna (galline, colombi, starne, civette, tartarughe ecc.);
Teca XIII, la iena e felini a clima caldo;
Teca XIV la scrofa, rhinoceros merkii; ippopotamo anfibio Romanelli, e Cava
Motta di Melpignano.
Teca XV l’equus asinus hidruntinus, equide asinino di statura normale trovato in
S. Sidero, circondario di Maglie, specie vissuta in mandrie nelle steppe dell’Italia
meridionale appartenente a fauna di tipo temperato adattatasi al
clima glaciale dell’ultimo Paleolitico, come la iena, il corvo i felini.
Nelle teche d’industria si notano esemplari di arte maddaleniana, neolitica,
eneolitica, esemplari di attrezzi, utensili ed armi in selce ed in pietra del paleolitico
superiore, provenienti da Grotta Romanelli; altri attrezzi, utensili ed armi del
paleolitico medio, provenienti da varie parti del Salento. Nella seconda sala del
Museo, agli attrezzi, utensili ed armi, del paleolitico superiore e del neolitico, si
aggiungono ceramiche provenienti dalla Grotta Zinzulusa, ceramiche di Badisco,
del neolitico, selci eneolitiche provenienti da Grotta della Madonna di Presicce;
tipi d’industria in selce del paleolitico superiore e dell’eneolitico, provenienti da
Badisco; foglie di capanne, ceramiche e punte di ossidaria provenienti da Badisco
e da Nardò.
I resti di animali ci riportano a tre epoche diverse o climi, corrispondenti a
tre gruppi diversi di utensili di pietra. Il periodo temperato è caratterizzato dallo
sviluppo della flora e della fauna, da un’epoca in cui in Europa si ebbe il progresso
fisico e psichico della specie umana, i Fanerantropi fossili, i nostri antenati.
La Penisola Salentina si presenta quindi come un centro artigianale a cultura
prevalentemente solutreana in un primo tempo, successivamente magdaleniana.
L’Homo Sapiens vi ha espresso una propria attività artistica, un cospicuo
livello di conoscenze tecniche, ha inciso e scolpito nelle caverne, ricavato dalla
materia prima, la pietra, armi, utensili, dalle foreste il nutrimento vegetale, i
frutti, i semi, i germogli, le radici, dalla caccia con l’arco e la zagaglia altri cibi.
Sul finire del neozoico i nuclei umani erano già organizzati.
Quando le tribù indoeuropee approdarono, provenienti dall’opposta sponda
illirica, quì trovarono compiuto un ciclo di civiltà preistorica; cui viveva l’indigeno,
forse il cacciatore neandertaliano, l’uomo che, sin dall’Era terziaria, dell’ultimo glaciale,
e per lungo volger di anni, aveva cucito le pelli con liane e lasciato testimonianze
della propria arte figurativa legata alla magia propiziatrice della natura.
Della civiltà preistorica, della Penisola Salentina, selci e tombe restarono a documentare
i vari stadi sovrapposti, dal periodo dell’anima prelogica-magica, a quello
del pensiero simbolico e raziocinante.
GIUSEPPE MOSCARDINO
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1935-37.
In questa nostra giovane istituzione che nel giugno 1966 ebbe l’onore di
essere inaugurata dal Capo del Governo, sono raccolte o perfettamente armonizzate,
voci misteriose e affascinanti che la terra ha tenuto prigioniere per secoli e secoli,
fino addirittura a centinaia di migliaia di anni.
Corrono su queste voci, visioni primitive della vita umana che la strumentazione
paleolitica e neolitica efficacemente e poeticamente colorano, mentre immagini
graffi te e rappresentazioni plastiche di rara bellezza impreziosiscono. Quella lontana
vita con accenti di vera e propria civiltà, propone e dimostra le prime affermazioni
del manifestarsi del pensiero, dell’efficacia del suo linguaggio e del suo valore
poetico, sia in chiave augurale, di magia e, infine di spontanea religiosità. In
questa specie di sacrario delle nostre origini, innumerevoli e determinanti sono i
documenti non scritti di una nostra inconfondibile e incontestabile civiltà che
precedette quella Messapica che già tanto ha impegnato e impegna studiosi e
uomini di cultura di tutto il mondo.
Codesta nostra civiltà, nel suo arco e con i suoi documenti dimostra elementi
e caratteri di fondo per la cultura non solamente italiana; la sua voce indica,
esamina, spiega, illustra e critica, in un esame continuo della preistoria, l’evoluzione
fisica dell’uomo, dal paleolitico Medio, all’eneolitico, attraverso il paleolitico
Superiore e forse attraverso anche il Mesolitico.
Provincia di    Lec 34ediateca – Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina) w a cura di IMAGO – Lecce z374
Gli uomini primitivi del Salento estremo, attraverso i fossili ed i reperti di
industria e di arte sottovetro, si presentano nelle loro originali esperienze strumentali.
Si presentano ancora attraverso motivi di vera, profonda e sincera poesia,
tanto da testimoniare l’interesse che da sempre l’uomo ha avuto ed ha per il
dialogo con la natura, sul diagramma del nativo sentimento romantico, nelle
composte creazioni, in veste di classica semplicità e di semplice verità.
Coro preistorico polifonico dunque quello che il Museo ci presenta, per narrarci
dell’uomo che visse nel Salento nel Paleolitico Medio, nel Paleolitico Superiore
e nel Neolitico, racconto che corre dai 120.000 ai 10.000 anni a.C. ed il cui
accompagnamento sonoro, ora sommesso ed ora travolgente, arriva all’esplosione
apocalittica quando ad ispirarlo è l’alternarsi delle glaciazioni e quindi di faune
fredde e faune calde, per il succedersi di clima freddi a clima caldi.
Reperti fossili, armi e industrie, statuette, graffiti e monili sono le voci del
polifonico coro che i visitatori possono ascoltare.
Molti i resti fossili associati a questi reperti che sono presenti nelle teche e
nelle bacheche Come nel palesuolo delle grotte e delle caverne carsiche, dei ripari
sottoroccia e di ogni altro rifugio: l’elephas antiquus, il Rinoceros, il Felix, la
Hjena, il Sus, il Bos primigenius, il Cervus elphus, il Cervus sp. di piccole dimensioni
e l’Aves.
Non è presente nel Museo l’unico reperto umano Salentino di questo periodo,
classificato 1’8° reperto di Neanderthal italiano, il più meridionale: un molare superiore
sinistro umano di un bimbo di circa 10 anni, ancora oggi presso l’Istituto
di Paleontologia umana a Roma, nonostante la nostra legittima attesa di restituzione.
Il 2° capitolo della nostra narrazione preistorica corale, è dedicato al Paleolitico
Superiore che si sviluppa negli ultimi trenta o quarantamila anni dei tempi
preistorici, nel quadro dei ghiacciai Wurniani, rappresentato dai Fanerantropi o
dall’Homo Sapiens che conobbero e svilupparono le armi da getto, come l’arco,
dal quale trassero grande vantaggio nella caccia, come nella pesca, ancora prevalenti
attività economiche per la ricerca dei mezzi di sussistenza.
Narra questo secondo avvincente capitolo, dei mirabili microliti di grotta
Romanelli, — noti in tutto il mondo associati a reperti fossili di fauna fredda,
come la grande elca o alca inpennis.
Industria e fossili occhieggiano nel Museo arricchendo e placando il racconto
di galoppi furiosi e disperati, di elefanti antichi, di rinoceronti di Merck e di
ippopotami, coraggiosamente ricercati ed inseguiti dagli agguerriti cacciatori Fanerantropi.
Ogni parola è insufficiente se non addirittura incapace a riprodurre le voci
strumentali di quest’uomo che nelle nostre contrade, come in Francia, nel Nord
Africa e nel Medio Oriente, cominciò forse a svincolarsi dalle strettoie della carestia
che gli derivava dalla economia primitiva, incoraggiato ed aiutato dalle nuove
armi e dai nuovi attrezzi che qui si vedono: dalle semilune dei molti insediamenti
nostrani, alle lame strette e sottili, ai microliti da armatu re da montare su legno
e su osso per lance e arpioni dentati.
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4 P.rq_9(1~(ie Ago,- Mediateca – Progetto EDIESSE (Emeroteca Digitale Salentina)    a cura di IMAGO – Lecce
Un terzo capitolo, ovvero la terza parte di questo eccezionale racconto sonoro
nostrano, è dedicato al la storia dell’uomo nell’età neolitica ed eneolitica, caratterizzata
dalla pietra levigata.
E’ la volta della voce della ceramica dipinta, che si armonizza con quella
della pietra levigata, caratterizzando la nuova era, affrancata così, più di ogni
altra precedente, dalle tenebre e dal mistero.
A questo punto ci pare più comodo, più semplice, e nel contempo più efficace
sotto il profilo della costruttività storica, richiamarci all’affermazione che concluse
il Secondo Convegno Italo-Greco di cultura, tenuto a Lecce nel settembre 1965.
In quell’incontro lo studio delle qui esposte testimonianze dell’evoluzione ideologica,
spirituale e scientifica, si convenne che davano la dimostrazione decisiva
dell’esistenza e della compattezza di un nostro gruppo etnico veramente di eccezione
fin dal suo primo rivelarsi.
Sono segni dello sviluppo culturale del salentino sapiens e della sua agricoltura
con la conseguente trasformazione di sua vita, le innumerevoli testimonianze
a carattere artistico:
— i numerosi graffiti mobili;
— l’imponente graffito Rupestre del Bos Primigenius, trafitto da zagaglia,
sulla parete sinistra della grotta Romanelli di stile geometrico ornamentale, gli uni
e l’altro associati a forme seminaturalistiche e schematiche;
— le due Veneri, statuette su calcare scoperte di recente a Parabita dal
nostro Prof. Piscopo e classificate dal Prof. Radmilli.
Il simbolismo attribuibile alle due Veneri, è da ricollegarsi a quello della
Magna Mater di Mesopotamia che passa per tutta Europa accompagnandosi con
la ceramica a nastro. E’ un mito che arricchisce l’arte astratta e che prelude ai
monumenti megalitici di maggior impegno: menhir, dolmen e specchi«.
Sono queste, forze e luci che rivelano le incipienti lievitazioni fra ambiente
naturale, capacità, volontà, maturità, spirito di sacrificio e tormento di nostra
gente.
Sono codesti indici, innegabili segni di civiltà e di maturità. Il nostro Museo
Preistorico con consapevolezza di responsabilità, di propositi e di intenti, dunque,
custodisce e mostra questa eccezionale documentazione, quale prova del convincente
atto di nascita della storia’ di sua gente che si affranca dal bruto primitivismo
all’insegna dell’agricoltura, dell’allevamento e dell’arte.
A titolo di curiosità ed a complemento di questa nostra rapida trattazione,
dobbiamo qui ricordare che i « nostri » resti fossili esposti nel Museo, sono stati
rigorosamente datati con la misurazione della loro radioattività o del residuo carbonio
14 in essi contenuto.
A questo proposito occorre qui ricordare che le minuscole particelle di carbonio
radioattivo assorbite in vita da ogni organismo vivente si disintegrano dopo
la sua morte perdendo ogni 5600 anni 1/2 degli atomi di carbonio 14.
Ne deriva la determinazione dei paralleli fra residuo radioattivo ed età
del fossile.
Un misuratore a base di potassio e di argo invece riesce a dare un’età alle
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rocce, nell’ordine dei miliardi di anni, così come i magnetometri, usati originariamente
per la ricerca spaziale, e le speciali macchine fotografiche degli aerei spia
15-2, si sono rivelati particolarmente utili per la ricerca ed il ritrovamento di città
scomparse da migliaia di anni.
Sono proprio queste moderne tecniche di ricerca scientifica che hanno consentito
di interpretare e datare con maggiore esattezza fossili, utensili e manifestazioni
di pensiero, della nostra regione e della nostra particolare civiltà.
E’ grazie a queste determinazioni che il Museo di Maglie documenta piste
giuste dei paleantropi e dei fanerantropi nostrani, consentendo la ricostruzione,
affascinante e allucinante ad un tempo delle tappe dell’uomo e del suo passaggio
dal coperto allo scoperto e quindi ai villaggi di cacciatori e raccoglitori di semi
fino alle comunità agricole, che nate intorno al 7500 a.C., attraverso l’Anatolia
passarono in Europa durante il sesto millennio a.C.
Sono di questo periodo le prime manifestazioni della « nostra » arte e della
« nostra » religione, che stilisticamente evolute, come abbiano visto, fanno perno
sul toro, anticipando il motivo di base della civiltà minoica, il culto della vacca
sacra in India ed il combattimento dei tori in Spagna.