La presenza di opere d’arte figurativa nell’ambito territoriale piemontese sono molte e facilmente reperibili lungo i percorsi viari maggiormente coinvolti dal passaggio di mercanti e viandanti, di ogni estrazione sociale, oltre che da pellegrini intenti a portarsi ad loca sancta, come ebbe a dire e a sollecitare sant’Eusebio nel rivolgersi al popolo vercellese dal suo esilio in Scitopoli. Percorsi viari dovuti alla civiltà romana, artefice e realizzatrice di un assetto viario efficiente e indistruttibile (voluto, purtroppo, non solo come opera di pace) esteso fino ai confini del suo vasto dominio ai limiti dell’attuale Europa e oltre. < L’efficienza era tale da consentire ad un inviato del Senato di Roma di annunciare a Galba l’avvenuta morte di Nerone: il tempo per raggiungere la meta fu solamente di trentasei ore per coprire 500 chilometri. > [1]
Roma gestì una rete viaria di circa centomila chilometri. Ogni chilometro era segnato da un cippo che indicava le distanza dalla città più vicina. Ogni trenta chilometri c’erano delle mansiones, corrispondenti a circa una giornata di viaggio, e, tra una mansio e l’altra, circa cinque mutationes dove si poteva essere ospitati ed eventualmente fruire del cambio di cavalli. Sarà proprio su questi luoghi che sovente si formarono stanziali agglomerati abitativi giunti sino a noi. Ora, in età augustea (fine I sec. a.C./70 d.C.) Vercellae veniva già a trovarsi nell’importante condizione di città epicentrica del nord-ovest, assegnata alla XI Regio Transpadana, con un ruolo non inferiore a Mediolanum o ad Augusta Taurinorum, anzi, ancor più, poiché su di essa giungevano gli assi viari ultramontani del Grande e Piccolo San Bernardo.
Su Vercelli convergevano e divergevano le grandi vie consolari. Dal nord-est la Postumia, che a Verona si sdoppiava su due tracciati, comunque convergenti su Vercelli: uno toccava Brixia, Bergomum, Milano, Novaria; l’altro verso Cremona, Placentia, Ticinum (divenuta Papia nel VII sec.), Laumellum. Dall’Italia centro-meridionale giungeva in Piemonte la via Aemilia (alla quale s’univano la Cassia e la Clodia) e da Piacenza la Postumia; oltre all’Aurelia che da Genova si portava a Dertona e, da qui, a Lomello.
Dall’Oltralpe si aprivano i valichi del Mons Matrona, Mons Cinisius e dei Colli del Grande e Piccolo San Bernardo. Da questi colli, per giungere a Vercelli (per ora citando solo i centri più significativi), si transitava da Augusta Praetoria (fondata nel 25 a.C. dal Console Aulo Terenzio Varrone come colonia di pretoriani), Eporedia (toponimo latinizzato dalla lingua celtica: epo/cavallo, reda/carro a quattro ruote), Vicus viae longe (ribattezzata successivamente Sancta Agata per volere di Teodolinda a seguito della conversione al cristianesimo), quindi Vercelli.
Mentre, provenendo dal Moncenisio e dal Monginevro, si toccavano Julia Taurinorum (Cesare) rinominata Julia Augusta Taurinorum (Ottaviano), Clevasius, da qui si dipartivano due itinerari convergenti su Vercelli: il primo toccava Crescentus, Palaciolo (o Palatiolo), Tritino (già Rigomagus), Deciana o Dexana; il secondo, Salucla, Liburnus, Blandius e da qui, ossia Bianzè, due opportunità per giungere nella nostra città: Viancino, Cascine Stra, oppure Torenciano e Sancto Germano: toponimo dovuto alla memoria del santo di Auxerre (c. 378/448, Ravenna) che passò da Vercelli nel 425 durante uno dei suoi viaggi di predicazione.
Tra i percorsi citati rimane specificatamente francigeno quello proveniente dal Gran S. Bernardo e diretto verso Lomello e Pavia, quindi il percorso praticato dall’abate Sigerico, intorno all’anno 990, nel suo viaggio di andata e ritorno a Roma.
Prendiamo allora in considerazione i luoghi che più possono essere interessanti per motivi di presenze d’arte o di promozione sociale nella organizzazione ospitaliera riservata in particolare ai pellegrini.
Al Colle del Gran S. Bernardo (il Mons Iovis romano), luogo d’elezione sulla strada consolare delle Gallie, e sede di “mansiones”, fin dal V sec. si era installata una presenza benedettina. Poi, poco dopo l’anno 1000 (1035/1050), sorse quel luogo di ospitalità assai organizzato dovuto a S. Bernardo di Mentone o d’Aosta (Novara,+1081), organizzazione confermatasi fino ai nostri giorni, anzi i canonici regolari di S. Agostino, che gestiscono l’attuale edificio, costruito nel 1821, offrono ancor oggi ospitalità gratuita ai bisognosi, e costituiscono un lodevole volontario presidio in un luogo che è innevato per ben nove mesi all’anno con temperature veramente da brividi.
Da qui inizia la via ricordata come “via publica domini comitis”, in memoria dei signori di Savoia, che si conclude a Roma.
|