Gli Antoniani, la via francigena le feste dedicate a SantAntonio Abate del fuoco il monaco anacoreta

Il complesso monastico è situato nel comune di Buttigliera Alta, all’imbocco della Val Susa, ma parte della chiesa è nel territorio del confinante paese di Rosta. Si raggiunge percorrendo la S.S.25,

Il complesso fu voluto e finanziato tra il 1185 e il 1188 da Umberto III di Savoia, e affidato all'Ordine Ospedaliero degli Antoniani, fondato da Gastone di Vienne nel Delfinato, dove nell’Abbazia del villaggio di La Motte Saint Didier, poi La Motte Saint’Antoine, erano custodite le spoglie di Sant’Antonio abate, provenienti da Costantinopoli.

Successivamente le cure si estesero ai malati di lebbra e di peste, in caso di epidemie, molto frequenti nel medioevo.

Era cucita sulle vesti degli infermi e persino marchiata a fuoco sulla groppa degli animali, in particolare su quella dei maiali, il cui grasso era l’unico rimedio conosciuto per lenire il dolore e curare le piaghe prodotte dall’ergotismo, e serviva a separare le parti infette da quelle sane.

Alla chiesa di una sola navata, si aggiunsero quelle laterali, consistenti nelle cappelle, nella sacrestia e nel presbiterio terminante con un abside poligonale, mentre sul lato opposto fu aggiunto un portico a tre aperture, su cui poggia il coro d’inverno e la bellissima facciata in stile gotico lombardo.

Alla nuova facciata furono aggiunte ghimberghe in cotto decorate con formelle in terracotta create da artigiani piemontesi, ma prodotte in serie, i cui motivi si ripetono per tutta la loro lunghezza, e rappresentano i motivi tipici della vita contadina: grandi foglie, ghiande e frutti, come uva e pere.

Nelle vele di quella mediana, sono ancora ben visibili gli affreschi che rappresentano la trasposizione del corpo di Sant’Antonio, su una nave, da Costantinopoli alle coste francesi, e uno dei suoi miracoli.

Le tre navate della chiesa sono collegate tra loro da grandi archi ricavati nelle pareti, con altezza e lunghezza dissimili tra loro per i molteplici interventi di ampliamento succedutisi nei vari secoli.

Nell’abside il decoro alla confluenza delle crociere che rappresenta il sole è di fattura successiva, intorno al ‘700.

La Chiesa presenta tracce di affreschi sin dai primi anni dalla sua costruzione, e con l’aumentare della sua importanza e per le dimensioni sempre maggiori che assumeva, i cicli pittorici venivano commissionati a pittori di prestigio che coprivano quelli precedenti: si distinguono quelli della Scuola Vercellese, e soprattutto, di grande rilevanza sono quelli di Giacomo Jaquerio, pittore piemontese del XV secolo, che ha operato in vari complessi monastici tra cui S, Antonio di Ranverso. E solo grazie alla firma scoperta nel presbiterio, durante alcuni lavori di restauro che si possono attribuire allo stesso, molti affreschi precedentemente attribuiti a pittori del Nord Europa, mentre altri sono da attribuire alla sua scuola.

Sull’altare della prima cappella di sinistra, un bassorilievo in stucco rappresenta S. Isidoro Agricoltore inginocchiato mentre prega, e un Angelo dirige l’aratro; sotto, una scritta in latino, che tradotta dice: “Con il lavoro delle tue mani con le quali mangerai, sarai beato e il bene verrà a te.

Poco più tardi della metà del XIV secolo sul lato sud fu edificata una nuova cappella adibita a sacrestia con volte a vela.

Sulla parete destra del presbiterio sono raffigurate vicende della vita del Santo, il Cristo con i simboli della passione e figure di contadini con animali. Nello stesso luogo si conserva una scultura lignea policroma del Santo con ai suoi piedi contrariamente al solito un piccolo cinghiale.

 

 

Sulla parete orientale, si distingue il grande affresco che narra la Salita al Calvario, dove l’artista esprime al massimo la sua arte, sia nella forma espressiva, che nei colori e nelle forme, mettendo in rilievo tutta la drammaticità dell’evento.

È un’opera di grande valore artistico, consistente in una pala di grandi dimensioni posta sull’Altare Maggiore, del pittore Defendente Ferrari di Chivasso, facente parte della scuola vercellese del ‘500. Essa fu commissionata e donata dalla cittadinanza di Moncalieri a Ranverso, per aver liberato la popolazione dalla peste del 1530.

Il polittico per molti secoli è stato attribuito a un pittore nordico: Alberto Durer; fino a che nell’’Ottocento, uno studioso, il frate barnabita Luigi Bruzza, non scoprì tra i documenti dell’ archivio di Moncalieri il “libro rosso” ove erano raccolti gli atti deliberati dalle autorità cittadine del tempo in cui tra essi vi era la commissione al pittore Defendente Ferrari di Chivaasso, di un polittico per l’altare maggiore della chiesa di Ranverso per la cifra di 800 Fiorini e 10 grassi di piccolo taglio, che era una moneta di Susa.

Addossato al lato sud della chiesa si può ammirare l’unico lato porticato del chiostro costruito alla fine del XV e distrutto nel ’700. Esso è formato da un nartece con volte a crociere sorrette da robuste colonne in cotto, in stile romanico. Su lato ovest dell’ormai scomparso portico, al livello del suolo sono ancora visibili alcune celle del monastero, successivamente inglobato in un edificio a più .piani denominato palazzo priorale che nel tempo inglobò anche parte di una cascina.

Il Campanile

Il campanile termina con una cuspide ottagonale, abbellita da quattro pinnacoli sempre in cotto lavorato, In cima alla cuspide svetta in ferro battuto, una banderuola segnavento raffigurante Sant'Antonio con un maialino ai suoi piedi.

Sul bordo superiore si notano ancora delle decorazioni geometriche di colore rosso e bianco, mentre sul cornicione svettano pinnacoli che terminano con la medesima lettera T (tau) in ferro battuto presente su tutte le costruzioni del complesso.

Tale malattia con la peste e la lebbra erano molto diffuse nel medioevo per le misere condizioni in cui versava il popolo e per la scarsissima igiene di cose ambienti. Col passare dei secoli le condizioni di vita miglioravano, con la conseguente diminuzione delle epidemie, rendendo, così, sempre meno utile la presenza del presidio ospedaliero, tanto che nel 1776 con Bolla papale, Pio VI sciolse l’Ordine Ospedaliero degli Antoniani, e i monaci confluirono nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, che si occupavano anche della cura dei malati.

Il nucleo principale delle cascine è situatoquesto L’area in cui sorgeva l’ospedale, o meglio, di quel che restava di esso, cioè la bella facciata in gotico fu trasformata in cascina denominata Ospedaletto.

I restauri più importanti sono stati condotti tra la fine dell’ottocento e i primi del novecento, da Alfredo D’andrade, e promossi dal 1913 al 1923 da Paolo Boselli che diedero nuova vita e splendore alla precettoria. Grazie a questi restauri vennero alla luce gli affreschi prima descritti, fino ad allora coperti da una scialbatura intorno alla metà del’700.

Con grande disappunto dei visitatori, degli appassionati e studiosi provenienti anche da paesi lontani la Precettoria è chiusa dagli inizi del 2015 per urgenti lavori di restauri e dopo più di sei mesi non è ancora iniziato alcun lavoro. Si spera che al più presto tutto vada per il meglio e si possa nuovamente usufruire di un bene culturale e religioso quale è Sant’Antonio di Ranverso.