Cavalieri Templari a Sant’Antonio Abate di RanversoQuesti Questi “Cavalieri del Tau” posero nell’abbazia di S. Antonio di Ranverso, presso Torino, la loro precettoria madre. Erano devoti a Sant’Antonio

 

La Chiesa di

modeste dimensioni, a navata unica inframezzata da arconi trasversali, mura tozze in pietra, facciata a capanna coronata da un bel campaniletto a vela. Si tratta di una pianta che non ho trovato in nessun paese della Val di Sangro, valle distrutta irreparabilmente dai tedeschi nel 1943. Simili chiese invece sono rimaste pressocchè intatte nella Marsica e nel teramano e sono tipiche chiese "viarie", ossia poste lungo vie di comunicazioni, vie di pellegrinaggi, vie tratturali, rette nella maggior parte dei casi da un clero stabile e regolare dedito alla cura delle anime, al lavoro e all’ospitalità. Proporrei di datarla tra i sec. XIII e XIV.

Per quanto riguarda l’ospedale, esso doveva sorgere nella zona prospiciente la chiesa, in corrispondenza della casa d’angolo tra le attuali Via Roma e Via Risorgimento.

La dedica a S. Antonio Abate è pertinente ad una struttura che doveva fungere da ospedale o lebbrosario, essendo il Santo protettore dei malati della malattia che ancora oggi si chiama "Fuoco di Sant’Antonio". Di conseguenza a Royo doveva risiedere una comunità di monaci francescani o, perché no, di quella filiazione dell’ordine dei Cavalieri Templari che aveva come nome "Cavalieri del Tau", un ordine monastico-ospedaliero-cavalleresco famoso durante il Medioevo per i loro ospedali dediti alla cura delle malattie epidermiche prima fra tutte il "fuoco di S. Antonio" che si curava con impacchi di grasso di maiale selvatico. Questi "Cavalieri del Tau" posero nell’abbazia di S. Antonio di Ranverso, presso Torino, la loro precettoria madre. Erano devoti a Sant’Antonio, il quale è sempre raffigurato con il fuoco nella mano e il segno del Tau cucito sul petto. Il Tau ha la forma della T, di una stampella, simbolo delle umane sofferenze. A questo punto fermerei l’attenzione su di un frammento scultoreo, proveniente dalla chiesa di S. Antonio, dimenticato in una nicchia di una parete dei locali al di sotto della chiesa parrocchiale del paese, dove vi si conservano arredi liturgici. Qui ho trovato, oltre ad un frammento di croce "viaria" in pietra (elemento tipico di fondazioni monastiche), una croce patente con i quattro bracci piuttosto larghi e terminazioni a motivo gigliato (Fig. 2), ben scolpita a rilievo su una pietra spessa una quindicina di centimetri che rivela nel dorso una accurata lisciatura e sagomatura che fa pensare ad una chiave di volta, alla decorazione di un portale di una chiesa o ad un ornamento riferibile ad un pluteo presbiteriale o ad un sarcofago. Devo segnalare che tale manufatto potrebbe corrispondere ad una croce templare. Probabilmente la croce era inscritta in una circonferenza anch’essa scolpita, poiché il frammento ci è pervenuto scalpellato seguendo un andamento circolare. Potremmo fare un confronto con una croce, inscritta in una circonferenza, scolpita su una tomba dell’antico cimitero della cattedrale di Sarlat (Fig. 3), in Dordogne, terra ricca di fondazioni templari.

A questo punto la storia di Royo, un paese che purtroppo non ha conservato nulla del suo passato, comincia a diventare stimolante e misteriosa. Ma la storia non è ancora finita.